Estratto dal libro “In alto loco”

Prefazione

Il presente saggio offre contributi conoscitivi dell’odierno arcano mondo della politica, con utili spunti per far luce su cruciali forme degenerative della democrazia che mortificano i cittadini.

Nel tratteggiare le diverse tematiche non si risparmiano critiche alle storture del sistema, stigmatizzando le molteplici depravazioni, aberrazioni, ambiguità e il perverso uso del potere.

Delineati gli aspetti generali dello screditato mondo della politica, si traccia poi un quadro comparativo tra le proiezioni della Costituzione e la realtà fattuale dei giorni nostri, non senza tentare di chiarire i contenuti di alcuni dettati costituzionali.

Il tema di base, a cui si riserva ampio spazio, è l’etereo habitat di coloro che stanno in alto loco, ossia dei rappresentanti del popolo che siedono in Parlamento, nel testo definiti onorevoli signori della politica.

I vari argomenti sono affrontati prendendo di mira la condotta di detti onorevoli signori della politica, con opportuni cenni ai presupposti e alle condizioni indispensabili per garantire il maggior bene di tutti. All’odierna sconcertante realtà fattuale, si contrappone l’ipotetica figura del politico ideale, da cui tutti si aspetterebbero essere rappresentati.

Nella trattazione dei vari argomenti affiora un accorato appello agli onorevoli signori della politica, affinché, al di là del partito o dello schieramento politico, vogliano:

  • ritrovare la passione per la probità intellettuale e per i valori morali;
  • dimostrarsi fermamente risoluti a riformare radicalmente l’impianto e a non tradire le giuste e legittime aspettative dei cittadini;
  • fare tutto ciò che è in loro potere per non opprimere o umiliare i cittadini, specialmente delle classi più deboli.

L’analisi dell’odierno degenerato impianto generale induce a ritenere  che il Paese, in mano ad una pletora di mille gaudenti onorevoli signori della politica, sia condannato inesorabilmente all’inerzia.

L’idea di fondo è quella di richiamare l’attenzione sull’esigenza di creare e consolidare le basi di un evoluto modello di democrazia e del vivere civile, fondato su valori umani e morali, oggi svaniti o notevolmente sfibrati sotto il peso di partiti privi di vere idealità e di senso di responsabilità.

L’autore

 

Cenni storici sulla democrazia

Il termine «democrazia» deriva dal greco demokratía (composto di demos-popolo e krátos-potere), che etimologicamente significa governo del popolo. Nell’antica Grecia, la democrazia si basava sulla diretta partecipazione dei cittadini (esclusi gli schiavi, gli stranieri e le donne) alla vita pubblica. Le cariche pubbliche, le varie attività comportanti responsabilità pubbliche, venivano assegnate a rotazione a rappresentanti del popolo nominati con il meccanismo del sorteggio.

La democrazia dell’antica Grecia non era dissimile da quella della Roma repubblicana, ambedue caratterizzate da una sovranità limitata e da diritti politici riconosciuti ad una stretta parte di popolazione.

La democrazia romana durò oltre tre secoli, poi scomparve per cedere il passo all’imperialismo e successivamente, in epoca medievale, alla monarchia.

Il concetto di democrazia è ripreso da Cicerone che nel De Republica evidenzia due schemi di civitas popularis:

  • nel primo ipotizza una forma di governo populus iustus et moderatus, che definisce come libera e giusta;
  • nel secondo ipotizza una forma di governo furor multitudinis,in cui dominano gli strati sociali economicamente più deboli.

Nella tradizione di età imperiale, Ulpiano (Dig., I, III, 32) identifica la sovranità popolare nella translatio imperii, sottintendendo che è il popolo detentore originario della sovranità, è il popolo che conferisce il potere al principe.

Fin dall’antichità greca e latina, poi nel corso del tempo, oltre alla democrazia, si sono visti altri sistemi e forme di governo, tra cui: l’aristocrazia, concentrazione del potere nelle mani delle famiglie nobili di uno Stato; la teocrazia, forma di governo in cui la sovranità è esercitata da una o più persone che si ritengono investite di poteri derivanti da Dio; la timocrazia, forma di governo in cui i diritti politici e civili dei cittadini sono stabiliti in proporzione al censo; l’oligarchia, sistema politico in cui il governo è nelle mani di un gruppo ristretto di persone, per lo più operanti a proprio vantaggio; l’autocrazia, forma di governo in cui il potere è detenuto da una sola persona (monarchia).

In epoca medievale, l’idea di democrazia appare solo in dotte disquisizioni letterarie, in campo filosofico e nelle classificazioni scolastiche, per evocare le antiche forme greche e romane, mentre il concetto non appare invece in campo politico, né tantomeno in campo giuridico. L’autocrazia medievale (monarchia) derivava per lo più da un’autoinvestitura o da una nomina per diritto ereditario, che è il contrario di ciò che avviene in democrazia.

A partire dal secolo XVIII, in campo filosofico-letterario, affiorano i rudimenti del moderno concetto di democrazia, raffigurata come modello di regime politico radicalmente alternativo alla monarchia, effetto di forme di rivolta contro la gerarchia dei privilegi ereditari e degli ordini.

I nuovi sistemi di estrazione democratica, di fatto, sono esplosi con la rivoluzione americana e con la rivoluzione francese.

L’odierno modello di democrazia, che ne è la diretta conseguenza, in linea astratta, si basa sull’uguaglianza giuridica dei cittadini, riconosce e tutela i diritti civili e politici dei cittadini, garantisce la libertà di organizzazione politica, di voto e di comunicazione. La società democratica è governata da organi rappresentativi (collegiali e monocratici), eletti periodicamente dai cittadini, che si fondano sulla sovranità del popolo.

In questo senso, fin dall’inizio del XIX secolo, il concetto di democrazia è divenuto d’uso comune per indicare le forme costituzionali di sovranità popolare in cui gli Stati, salvaguardando la partecipazione politica, riconoscono a priori un insieme di diritti e di regole:

  • diritti fondamentali (principio di uguaglianza, diritto di libertà, diritti elettorali, suffragio universale);
  • regole fondamentali che stabiliscono i poteri pubblici, la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) e gli organi autorizzati a prendere le decisioni pubbliche.

In accezione etimologica moderna il termine «democrazia», a grandi linee, significa potere del popolo, che sottintende un sistema politico basato sulla sovranità dei cittadini.

Oggi molti Paesi si definiscono «democratici» e perfino «popolari» (l’aggettivo «popolare» è stato utilizzato ab origine dagli Stati comunisti).

In linea generale, si possono definire democratici quei Paesi che: rispettano le libertà e i diritti fondamentali; rispettano la dignità delle persone; agiscono in uno stato di diritto; promuovono la pace, la giustizia sociale, combattono la corruzione, etc. I signori della politica che parlano troppo di democrazia dissimulano quasi sempre carenze democratiche e tentano di colmare le loro mancanze con le parole, ignorando che la democrazia reale di un Paese si misura con i fatti e con i valori che mette in pratica.

Per inciso, si ricorda che il nostro sistema democratico è nato a seguito del secondo conflitto mondiale del secolo scorso, per imposizione dei vincitori sul popolo vinto e, di tale evenienza, ne risentono i contenuti di alcuni dettati costituzionali, vuoi per enfasi o per difetto.

Da qui le non poche contraddizioni, malformazioni e ipocrisie del nostro sistema, falso e corrotto, di cui si dirà alle voci successive. Giova peraltro ricordare che la nostra Costituzione è suscettibile di miglioramenti e modificazioni in ogni momento, nel rispetto dei dettati di cui agli artt. 138 e 139 della stessa.

A riguardo degli aspetti  basilari della democrazia, va detto che la sovranità popolare e il riconoscimento dei diritti umani fondamentali sono stati solennemente enunciati anche dalla Dichiarazione universale approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948 (art. 1 Legge 4 agosto 1955 n. 848, «tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e diritti»).

Da ultimo, preme menzionare al fatto che, nell’immagine ideale di democrazia, di organizzazione sociale e di convivenza umana, la Costituzione e le leggi civili non possono prescindere dai principi antropologici e dall’ordine naturale. Inoltre, nell’immagine ideale di democrazia e nel rispetto dell’umana natura, le leggi civili non possono sostituirsi alla legge morale naturale, né possono dettare norme che vadano al di là della propria competenza. In particolare, le leggi devono mirare ad assicurare il bene comune dei cittadini, il riconoscimento e la difesa dei loro diritti, un’ordinata convivenza sociale, promuovere la solidarietà e la pace sociale.

Non dobbiamo poi dimenticare che la legge morale naturale, intesa come un insieme di principi razionali comuni a tutti gli uomini e validi universalmente per tutti gli uomini, è origine e caposaldo dei diritti universali e inalienabili dell’uomo, diritti antecedenti a ogni potere politico perché connessi alla natura stessa dell’uomo.

 

Democrazia incompiuta

Le basi della moderna democrazia, i cui albori risalgono alle idee illuministe e alle rivoluzioni dell’Ottocento, sono: la carta costituzionale, la separazione dei poteri, il suffragio universale.

Tra i principi fondamentali della moderna democrazia figurano: la rappresentanza politica, la laicità dello Stato e la separazione tra Stato e Chiesa, ovvero l’indipendenza dello Stato da tutte le religioni.

Gli Stati occidentali, in stragrande maggioranza, si definiscono «democratici» ma, in realtà, nei singoli Stati e in Italia in particolare, si registrano solo tracce, differenti generi e gradi di democrazia.

Secondo studi eseguiti nel 2016 dal gruppo britannico The Economist, su 167 Stati l’Italia risulta al 21° posto della graduatoria generale delle democrazie, graduatoria realizzata sulla base di cinque categorie generali: processo elettorale e pluralismo, libertà civili, funzione del governo, partecipazione politica e partecipazione culturale. Tra queste categorie, i dati che più di ogni altro confermano l’imperfetta e incompiuta democrazia italiana riguardano:

  • il sistema elettorale e il pluralismo, che ci vede al 32° posto mondiale;
  • la funzione del governo, che ci vede al 47° posto mondiale.

Queste impietose classifiche fanno capire che il nostro è un Paese in mano a una inconcludente pletora di mille onorevoli signori della politica, vincolati ad abietti schemi partitici che frenano ogni possibile innovazione e così finiscono per sgovernarlo.

In tema di democrazia, la scienza politica ha individuato una serie di condizioni minime perché un dato regime politico possa definirsi democratico, quantomeno nel mondo occidentale, quali in particolare:

  • riconoscimento a prioridella sovranità popolare, non disgiunta dalla concreta realizzazione della stessa;
  • suffragio universale, ossia diritto di voto (libero) esteso a ogni cittadino maggiorenne;
  • elezioni libere, competitive, regolari, periodiche;
  • multipartitismo, ossia presenza di più partiti in competizione tra loro;
  • libertà di parola, di culto, di informazione, di associazione;
  • fonti di informazione plurime, indipendenti e imparziali (amplius, cfr. la voce:Usi malefici del potere, Capitolo III);
  • riconoscimento dei diritti umani fondamentali, enunciati dalla Dichiarazione universale approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948 (art. 1 Legge 4 agosto 1955 n. 848, «tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e diritti»);
  • eliminazione delle più vistose disuguaglianze socio-economiche;
  • acquisizione della cultura democratica da parte dei rappresentanti politici e diffusione della stessa ad ogni livello;
  • acquisizione di sufficiente cultura democratica da parte dei cittadini.

Se prendiamo come riferimento le suddette condizioni minime e pensiamo di applicarle alla lettera, perveniamo dritti alla conclusione che una democrazia degna di questo nome è praticamente inesistente.

Al riguardo, occorre tenere presente che ogni Paese ha un proprio retaggio storico, ha una base storico-culturale sua propria, ha una tradizione sua propria, quindi un minimo di flessibilità e variabilità diviene indispensabile.

In ogni caso, rapportando le citate condizioni minime di democrazia all’attuale realtà italiana, constatiamo che le stesse difettano sostanzialmente sotto ogni angolo visuale. Viste partitamente notiamo infatti:

  • la sovranità popolare mortificata dalla sovranità partitica;
  • il multipartitismo mancante di regole attuative (art. 49 della Costituzione);
  • il suffragio universale con voto fortemente condizionato dalla sovranità partitica;
  • le elezioni non pienamente libere in quanto fortemente condizionate dalla sovranità partitica;
  • i diritti di cittadinanza non pienamente affermati, risultano rispettosi della forma più che della sostanza;
  • le fonti di informazione non imparziali o dipendenti dai partiti (cfr. la voce:Usi malefici del potere, Capitolo III);
  • la mancanza di serie politiche volte al contenimento delle più vistose disuguaglianze socio-economiche;
  • la limitata cultura democratica dei rappresentanti politici e non diffusione della stessa ad ogni livello.

I critici e gli opinionisti giudicano il sistema democratico italiano molto lontano da una compiuta democrazia e dalle aspettative e necessità dei cittadini, non solo per la vaghezza e ambiguità di molti dettati costituzionali e per l’assenza della «democrazia diretta», ma soprattutto perché mancano risultati tangibili e innegabili di corretto esercizio del potere.

In breve, la democrazia in Italia è semplicemente un pallido simulacro dei valori solennemente proclamati dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948, talchè è indubitabilmente incompiuta, perché le citate condizioni minime e i principali istituti di partecipazione alla vita pubblica sono applicati in modo distorto, mentre altri sono perfino disapplicati.

In conseguenza, si nota la delusione degli elettori per l’inconcludenza degli onorevoli signori della politica e la crescente disaffezione al voto per l’incapacità di incidere sulle scelte generali.

Permanendo l’odierno traviato impianto, ideato ad arte dagli onorevoli signori della politica, non si potrà mai rimediare alle difformità in essere, che si pongono in gran parte al di fuori dello schema tracciato dalla Costituzione.

Per effetto di ciò, oggi siamo in presenza non solo di una democrazia incompiuta ma di una vera e propria oligarchia partitica.

A riguardo della Carta costituzionale, che troppo stesso viene disattesa e resta in buona parte incompiuta, si richiama l’illuminato pensiero di Don Luigi Sturzo (1871-1959), espresso in Senato il 27 giugno 1957:

«La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal Governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà».

L’attuale impianto politico presenta un mixtum compositum di poteri aggrovigliati fra loro, per effetto di un degenerato sistema organizzativo e di perverse prassi interne che consentono opinabili movimenti e intrallazzi ai partiti, agli organi, agli organismi e ai singoli onorevoli signori della politica.

Questi ultimi, in particolare, infangano ogni giorno di più i diritti dei cittadini previsti dai dettati costituzionali, da qui l’origine della disaffezione, del rancore e del disprezzo dei cittadini medesimi.

In pratica, il sistema sembra creato ad arte per consentire agli onorevoli signori della politica ampi spazi di manovra in ogni settore operativo, favorendo così l’affermarsi di una cultura fondata sul privilegio, sul favoritismo e sulla sopraffazione, con un sempre più ampio stravolgimento delle regole.

Di questo passo, non può che avere il sopravvento un’organizzazione generale basata sulla discriminazione sociale, in cui gli onorevoli signori della politica, detentori del potere, possono qualsiasi cosa, mentre i comuni mortali sono costretti a subire ogni sorta di angherie.

Di fatto, detti onorevoli signori, con la loro spregevole conduzione politica, infangano e calpestano i diritti dei cittadini, assumendo finanche atteggiamenti di beffarda indifferenza e arroganza.

Un siffatto genere di conduzione politica delinea una democrazia incompiuta, un’immagine di democrazia rappresentativa di pura facciata, una pseudo democrazia che, sostanzialmente, si esaurisce nell’esercizio del diritto di voto (condizionato pure esso), rivelando in tal modo i caratteri propri dell’assolutismo, dell’autoritarismo e del totalitarismo.

Nel sistema oligarchico che ci ritroviamo, sul piano fattuale la nostra democrazia è senz’altro incompiuta, riducendosi all’espressione di un vago e generico voto, senza possibilità di esprimere preferenze.

Quanto sopra conferma che il potere corrompe fin da subito chi lo detiene e che l’odierna democrazia rappresentativa è un pallido simulacro dei valori e dei dettati costituzionali, niente più che una parodia dei medesimi, il tutto a danno degli sventurati e impotenti cittadini.

I critici e i politologi, partendo dall’idea che l’odierna democrazia è incompiuta, viste le degenerate immagini offerte dal sistema oligarchico del nostro tempo, ricorrono a sarcastiche definizioni come: democrazia assolutista; democrazia-mercato; democrazia-spettacolo:

  • «democrazia assolutista», identifica il criterio secondo cui decide la maggioranza precostituita, restando del tutto irrilevante il voto delle minoranze, con il rischio di generare una dittatura della maggioranza;
  • «democrazia-mercato», identifica il sistema di condurre le trattative, le negoziazioni e gli accordi politici tra maggioranza e minoranza in maniera indecorosa;
  • «democrazia-spettacolo», identifica il sistema di usare espressioni ambigue, equivoche, slogan, metafore, che si riducono ad una recita in cui i singoli oratori offrono uno spettacolo polemico, ad instardi un teatro di marionette.

Dette forme di democrazia riflettono gli insensati metodi e le irragionevoli condotte tenute dagli onorevoli signori della politica, tutte improntate a finzione e simulazione, che divengono particolarmente preoccupanti allorquando nei retroscena della spettacolarizzazione politica siano presenti poteri forti e invisibili dell’economia e della finanza.

È ben vero che una democrazia perfetta non è mai esistita, come affermano gli storici, ma è altrettanto vero che una democrazia che non tende costantemente a migliorarsi e a perfezionarsi, qual è la nostra, non può che essere una democrazia incompiuta e di pura facciata, una democrazia di comparsa, a giovamento dei partiti politici, degli onorevoli signori della politica, degli ammanicati del regime e degli amici degli amici.

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