Estratto dal libro “Boni et mali”

 

Prefazione

Il presente saggio offre contributi conoscitivi e spunti di riflessione sulle figure dei boni viri, delle persone perbene, e su quelle contrapposte dei mali viri, delle persone malvagie, tratteggiando gli irreprensibili contegni dei primi e le infamanti condotte dei secondi.

Dopo alcuni rapidi cenni ai boni et mali viri del mondo romano, suffragati da descrizioni e riflessioni letterarie, si passa ad esaminare il modo di porsi dei primi e di imporsi dei secondi nell’età contemporanea.

A grandi linee, si denotano come boni viri coloro che sono dotati di elevate doti umane e morali e come mali viri coloro che rivelano animo cattivo e originano corruzione e degrado morale.

I mali viri fanno la parte del leone, sono persone prepotenti che antepongono cinicamente il proprio tornaconto a ogni senso morale, persone che hanno generalmente la meglio sui boni viri.

PROLOGO

Buoni e cattivi

L’aggettivo «buono», nella definizione del Vocabolario Treccani Thesaurus, riferito alla persona indica chi possiede umanità, chi è ben disposto nei rapporti con gli altri, chi è di natura dolce, paziente e serena.

In campo semantico, l’espressione latina vir bonus – uomo buono si può riprendere in un triplice significato, rispettivamente per indicare:

  • il brav’uomo, ossia chi è benevolo, benigno, generoso, di buon cuore;
  • il galantuomo, ossia chi ha doti e qualità di uomo probo, giusto, onesto, leale;
  • il valentuomo, ossia chi ha grande bravura, chi è bravo, abile, capace, competente, valido.

Nei primi due significati l’espressione vir bonus compendia l’idea di persona dotata di qualità umane che postulano ammirazione dal punto di vista morale, mentre nel terzo significato compendia l’idea di persona di valore sul piano dell’attitudine e/o capacità.

L’aggettivo «cattivo», nella definizione del Vocabolario Treccani Thesaurus, riferito alla persona indica chi è maldisposto nei rapporti con gli altri, chi è incline al male.

In campo semantico, l’espressione latina vir malus – uomo cattivo si può riprendere in un triplice significato, rispettivamente per indicare:

  • il dissoluto, ossia chi è moralmente riprovevole, chi disattende la norma morale e sociale;
  • il ribaldo, ossia chi è disonesto, prepotente, senza scrupoli;
  • l’inetto, ossia chi è incapace di fare ciò che fa.

Nei primi due significati, l’espressione vir malus compendia l’idea di persona che ha propensione al male, mentre nel terzo significato compendia l’idea di persona incapace e/o inidonea a fare qualcosa.

Fin dalla classicità, all’idea di bonum e malum – bene e male è correlata la duplice natura dell’uomo, l’una incline al bene, l’altra incline al male.

Tale concetto induce a prendere in considerazione il celebre assioma filosofico bonum et malum insociabilia sunt – il bene e il male sono inconciliabili, da cui si può pervenire alla deduzione funzionale che il bene e il male, destinati talvolta ad alternarsi, rimangono pur sempre tra loro opposti e incompatibili, assodato che il bene è frutto della bontà del cuore e il male è frutto di malizia.

Sulla base di tale assioma filosofico si può pervenire all’ulteriore deduzione funzionale che l’uomo, in ogni circostanza, per impulso naturale è incline a divisare tra bene e male.

In linea logica, dunque, è preminente l’aspirazione a conoscere la genesi del bene e del male, a capire se l’uomo nasce buono o cattivo oppure se è bontà e cattiveria insieme, quindi se tende ad operare sia il bene che il male.

La cognizione di ciò non è di poco conto, atteso che i concetti di buono e cattivo sono destinati a influenzare e condizionare l’intera vita umana, facendone la differenza nelle persone e nei rapporti che esse intrattengono in campo sociale.

A riguardo di tali analisi e valutazioni, tra gli studiosi è da sempre dibattuta la questione se gli uomini:

nascano puri e sia la contaminazione sociale ad agire negativamente su di loro

oppure

nascano istintivamente malvagi e siano poi le leggi sociali e morali a determinare in loro una particolare inclinazione al bene.

Il filosofo illuminista Jean Jacques Rousseau (svizzero di lingua francese, 1712-1778) si schiera decisamente a favore della prima tesi, come risulta in modo netto dall’asserzione: «ogni uomo nasce buono e giusto, se diventa ingiusto la causa è da ricercare nella società che ne corrompe l’originario stato di purezza».

Il neurologo e psichiatra austriaco Sigmund Freud (1856-1939), invece, propende sostanzialmente per la tesi opposta, asserendo che l’uomo è caratterizzato da entrambe le inclinazioni, quella buona e quella malvagia, dualismo che caratterizza la sua duplice natura.

Secondo la moderna antropologia, se l’uomo nasce con la tendenza a operare sia il bene che il male vuol dire che «ambedue fanno parte della vita umana e che l’uomo in se stesso è bontà e cattiveria insieme». In ogni caso, però, la scelta di operare bene o male dipende unicamente dall’uomo.

In realtà, l’intero corso dell’esistenza si rivela un permanente banco di prova per stabilire se l’uomo intende concentrare i propri sforzi verso la bontà o verso il malanimo e la cattiveria, nel primo caso diverrà vir bonus, mentre nel secondo vir malus.

Nel senso comune, si considera vir bonus chi possiede doti di umanità, chi si prodiga per il bene; chi si eleva verso le cose morali e spirituali; chi non cessa di amare il prossimo; chi è leale e onesto; chi mantiene la parola data; chi assume un dignitoso ritegno, etc.

Al contrario, si considera vir malus chi si orienta verso il male; chi è incline al lassismo; chi sceglie la dissolutezza e l’egoismo; chi tende alla cattiveria e all’odio; chi predilige disonestà e slealtà; chi non mantiene la parola data, etc.

Per gestire al meglio le proprie aspirazioni, per vivere pacificamente e giustamente, il vir bonus si regola secondo la legge morale universale, l’etica e la spiritualità, mentre il vir malus si sente distaccato da tali idealità, si regola secondo una sua morale individuale, antepone a qualsiasi cosa l’utile e l’egoismo sfrenato.

Ed ancora, il vir bonus tende ad agire nel rispetto dei valori umani universali e dei principi morali, uniformando ad essi le proprie azioni e il proprio stile di vita, mentre il vir malus tende ad agire secondo regole e principi propri, in genere spinto da effimeri piaceri della vita, da smodata ricerca della felicità, interessi materiali e massimo benessere, fattori che considera irrinunciabili.

INDICE

CAPITOLO I

Nell’antica Roma

Il mondo romano

Rigorosità di vita e di costumi

Cristianità

Pensiero di Severino Boezio

Frammenti letterari

CAPITOLO II

La vita privata

La legge morale

La coscienza morale

Stile di vita dei boni viri

Stile di vita dei mali viri

Qualità morali

Idealità e valori

Rapporti con gli altri

Matrimonio e unione civile

CAPITOLO III

La società

Etica individuale e sociale

Egoismo individuale e sociale

Doveri individuali e verso la società

Magistero della Chiesa e società

Regole di pacifica convivenza

 

CAPITOLO IV

La politica

Crisi valoriale e politica

La partitocrazia

Morale e politica

Mali viri della politica

Boni viri della politica

La legge morale

In linea generale, per legge morale si intende il giudizio dell’interiorità, il giudizio della ragione, che porta all’osservanza di norme morali e ad indirizzare ad esse i propri comportamenti. Tale insopprimibile giudizio dell’interiorità induce ad una naturale obbedienza a dettami e imperativi morali, indicanti ciò che è permesso e ciò che è vietato, che alla fine suonano come vere e proprie prescrizioni: devi fare questo, non devi fare quello.

In altre parole, per legge morale si intende la percezione naturale dei principi morali fondamentali, a cui consegue un giudizio finale nella propria interiorità mediante il quale la persona riconosce la qualità morale delle proprie azioni.

I dettami e imperativi morali sono insiti nella natura umana ma poi si plasmano in famiglia e in seguito negli apparati della società (scuola, organi istituzionali, opinioni comuni), anche se, con l’avanzare dell’età, possono subire qualche variazione in corrispondenza con la maturità di giudizio, con i mutamenti delle forme e degli stili di vita personali o sociali.

Sotto il profilo filosofico, si può delineare come legge morale di ciascun essere umano dotato di intelligenza la legge che regola ogni comportamento in maniera così forte da considerare priva di obbligatorietà la legge codificata ad essa contraria. La legge morale esprime l’insieme delle esigenze morali presupposte dalla dignità umana, esigenze che nessuna legislazione potrà mai codificare (cfr. anche la voce: Morale e politica, Capitolo IV).

La legge morale naturale, in filosofia, è stata definita come legge universale vera e obiettiva che nessuno può alterare, sovraordinata alla legge artificiosa e sofisticata degli uomini che, plasmata com’è sulle loro mutevoli convenienze e convenzioni, spesso si rivela ingiusta o inadeguata. In altri termini, la legge morale naturale, iscritta nel cuore dell’uomo e conosciuta dalla ragione umana, poggia su valori umani e su principi fondamentali i quali non possono essere distrutti o modificati dall’uomo ma soltanto rispettati e promossi.

Nella visione teologica, la legge morale è espressione della voce di Dio, così che la sua osservanza si traduce in obbedienza alla volontà di Dio. La Chiesa cattolica, con la Costituzione Gaudium et Spes del 7 dicembre 1965 annuncia testualmente: nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male (Gaudium et Spes, Par. 16). L’inciso «legge che non è lui a darsi» esprime una manifestazione del diritto naturale, che si basa sulla natura umana, ossia esprime una legge razionale, capace di conoscere il bene e il male e di avvertirne gli imperativi di fare o non fare.

Nella realtà, c’è chi si orienta verso concezioni morali sempre più rigorose e ristrette e chi si orienta verso concezioni morali sempre più flessibili e larghe, a cui possono fare seguito lassismi di vario ordine.

Il modo di atteggiarsi verso concezioni di rigorosità o di flessibilità è destinato ad imprimere nella propria interiorità regole morali che ognuno segue liberamente, regole che sono di guida ad ognuno per discernere il bene dal male.

Ad intricare la realtà interiore possono concorrere ulteriori concezioni filosofiche o religiose, dal cui insieme ognuno si forma istintivamente una specie di codice morale ed ogni volta che agisce in difformità di esso si sente irrequieto e turbato, al contrario si sente tranquillo e appagato quando agisce in conformità.

I boni viri seguono serenamente la legge morale e per nessun motivo si scostano da essa, anche se talvolta può comportare rinunce o sacrifici. Insomma, la legge morale è legge di vita per i boni viri, pur consapevoli che in talune circostanze possono divenire facili prede dei mali viri che li assoggettano a scontare un alto prezzo per la loro adamantina onestà.

I mali viri, al contrario, non sentono la vincolatività della legge morale e comunque non esitano a discostarsene ogni volta che sono in gioco interessi materiali, il proprio benessere o effimeri piaceri della vita.

I modi di vita degli uni e degli altri non sono sfuggiti all’attenzione dei classici latini che elogiano i primi e criticano i secondi, rimarcando in tutti i modi ogni loro turpe condotta.

Di seguito, si riportano alcuni aforismi della classicità latina, contenenti preziose indicazioni e insegnamenti di vita:

  • vir bonus semper tiro est – l’uomo buono è sempre un principiante (Marziale, Epigrammi, XII, 51), ad indicare che l’uomo perbene è comparabile ad un ingenuo e di conseguenza verrà sempre ingannato;
  • causa paupertatis plerisque probitas est – per lo più l’onestà è cagione di povertà (Curzio, Storia di Alessandro Magno, IV, 1, 20), ad indicare che la persona onesta e virtuosa, che opera con rettitudine e con integrità di coscienza, viene presto emarginata in contesti sociali ove domina incontrastata la disonestà e la corruzione;
  • bonae mentis soror est paupertas – la mente retta (incorruttibile) ha la povertà per sorella (Petronio, Satyricon, LXXXIV), ad indicare che la persona che opera con rettitudine e con integrità morale, molto spesso, viene presto emarginata;
  • probitas laudatur et alget – l’onestà è lodata ma ha freddo (Giovenale, Satire, I, 74), ad indicare che la persona onesta e corretta, pur da tutti lodata, potrà procurarsi una vita dignitosa ma difficilmente diventa ricca.

In breve, dalla legge morale traggono origine e fondamento i doveri dell’uomo, le sue comuni azioni e responsabilità, legge che i boni viri, nel loro senno, conoscono e rispettano.

I boni viri, come detto sopra, seguono la legge morale, hanno un unico modo di sentire e di vivere la morale, si esprimono secondo l’interiorità della propria coscienza e danno costante prova di coerenza di condotta, senza cedimenti di sorta.

A riguardo della legge morale, San Tommaso d’Aquino (filosofo e teologo Domenicano, 1225 – 1274), scrive:

«la legge umana in tanto è tale in quanto è conforme alla retta ragione e quindi deriva dalla legge eterna. Quando invece una legge è in contrasto con la ragione, la si chiama legge iniqua; in tale caso cessa di essere legge e diventa un atto di violenza».

San Tommaso d’Aquino sottolinea che la legge morale è verità, «mantiene in naturale armonia l’uomo interiore ed esteriore, realizza la corrispondenza tra i pensieri, gli affetti, le parole e le opere, elimina la doppiezza e la finzione, vero cancro della vita sociale».

Di alto pregio, in tema di legge morale, è il pensiero del gran cancelliere d’Inghilterra Thomas More (in Italia conosciuto come Tommaso Moro, 1478-1535, santo, patrono dei politici) riportato nella sua opera Utopia, di cui si citano alcuni passi che sono vere e proprie pietre miliari:

  • l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale;
  • quando per sopravvivere bisogna negare la coscienza, è necessario scegliere quest’ultima e non la sopravvivenza;
  • quando penso a tutti gli Stati oggi esistenti e mi sforzo di analizzarli obiettivamente, altro non riesco a vedere – che Dio mi aiuti – se non la cospirazione di un branco di ricconi che a nome e con il pretesto della collettività, si fanno soltanto gli affari loro, e si inventano ed escogitano tutti i modi e gli espedienti per riuscire in primo luogo a non correre il rischio di perdere quello che in modo disonesto hanno arraffato, e per riuscire, pagando il meno possibile, ad abusare del lavoro e delle fatiche dei poveri.

Si ricorda che Tommaso Moro subì il processo e morì sul patibolo perché si rifiutò, per ragioni di coscienza, di prestare giuramento all’Atto di Supremazia con il quale il re Enrico VIII si era fatto proclamare dal Parlamento capo della Chiesa di Inghilterra, con consequenziale disconoscimento dell’autorità papale.

Altra figura di spicco in tema di legge morale è quella del teologo, umanista e filosofo olandese Erasmo da Rotterdam (ca. 1466-1536), secondo il cui pensiero:

non vi è né vi può essere nessun contrasto fra morale e politica perché il principe deve comportarsi da buon cristiano e le virtù del buon principe sono le virtù morali classiche.

Da tale importante postulato, riguardato come separazione di ciò che è moralmente lecito da ciò che è moralmente illecito, ne deriva che – in linea di principio – la politica non prescinde dalla morale e sottostà alla legge morale.

Sulla scia del pensiero di Erasmo da Rotterdam, si perviene alla logica deduzione che il problema del rapporto fra morale e politica non è diverso dal rapporto fra morale e ogni altra sfera dell’attività umana.

A riguardo dell’idea – maturata dalla classicità latina e confermata dalla letteratura successiva – che i mali viri, i malvagi e i prepotenti, hanno sempre la meglio sui boni viri, il drammaturgo inglese Otway Thomas (1652-1685) usa la forte espressione satirica: «i galantuomini sono i morbidi e soffici guanciali su cui i furfanti riposano e ingrassano».

I boni viri sono fatti oggetto di attenzione anche dal gesuita spagnolo Gracian Y Morales Baltasar (1601 – 1658), autore di molte opere di morale e filosofia, secondo cui non v’è cosa più facile che trarre in inganno le persone dabbene: «chi non mente mai è disposto a credere qualunque cosa, così come chi non ha mai ingannato è sempre pieno di fiducia negli altri». Dal pensiero di Gracian Baltasar emerge che i boni viri vengono facilmente ingannati perché tendono ad accordare la propria fiducia ad altri con estrema facilità, quando invece dovrebbero porre molta attenzione perché la fiducia mal riposta può comportare seri guai.

Tra gli studiosi di spicco di età moderna, che hanno sviluppato l’avvincente tema della legge morale, emerge il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), di cui si riporta la celebre massima:

comportati in ogni circostanza come se la norma che dirige le tue azioni potesse essere elevata a legge universale.

Se ne deduce che, in linea di principio, i rapporti umani e sociali non possono prescindere dalla legge morale, dal diritto naturale e dai principi morali, né dalla propria coscienza.

A riguardo della legge morale, si ricorda che sulla tomba del filosofo tedesco Immanuel Kant sono incise le sue famose parole:

«due cose riempiono l’animo con sempre nuovo e crescente stupore e venerazione, quanto più spesso e accuratamente la riflessione se ne occupa: il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me».

In effetti, sono le parole della parte conclusiva della Critica della ragion Pratica di Kant. Nel pensiero di questo grande filosofo tedesco, la legge morale non è al di fuori dell’uomo ma all’interno dell’uomo ed è intesa come una serie di prescrizioni che indirizzano l’agire umano, come imperativi assoluti e categorici che prescrivono all’uomo il modo di agire per essere un soggetto morale.

Insomma, la legge morale è connaturata nella coscienza dell’uomo libero e ragionevole, capace di discernere il bene dal male, ed è destinata a costituire il principio regolatore dei suoi comportamenti, è sempre uguale e valida per tutti, appaga il bisogno di sicurezza, mentre la legge fatta dagli uomini può prestare il fianco ed avvallare veri e propri arbitri.

In un’epoca di profondi cambiamenti e trasformazioni, qual è la nostra, si nota sempre più una mutazione di tipo antropologico-culturale dell’uomo, non solo rispetto alle sue peculiarità distintive e alle sue connotazioni culturali ma anche rispetto al suo modo di pensare e di affrontare la realtà.

Si è sempre ritenuto che la pietra miliare della società umana sia il rapporto uomo e donna, rapporto che la recente legislazione ha smantellato con l’equiparazione dell’unione civile al matrimonio (cfr. Legge n. 76/216), in spregio dell’antropologia culturale e del bene comune.

Il modello alternativo e spurio di famiglia, creato con la Legge n. 76/2016, è contrario alla legge morale naturale, è antropologia dei desideri, è una vera e propria deriva culturale, è una guerra che mira alla distruzione del matrimonio, come l’ha definita Papa Francesco.

A riguardo della legge morale, Papa Giovanni Paolo II (pont. 1978-2005), nel suo Discorso all’ONU del 1995, ha testualmente affermato: Se vogliamo che un secolo di costrizioni lasci il passo a un secolo di persuasioni, dobbiamo trovare il cammino per discutere, con un linguaggio comprensibile e comune, sul futuro dell’uomo. La legge morale universale, scritta nel cuore di ogni uomo, è una specie di «grammatica» che serve al mondo per affrontare questa discussione sul proprio futuro.

A sua volta, il Papa Benedetto XVI, nel discorso tenuto al Reichstag di Berlino il 22 settembre 2011, ha sostenuto che la «legge morale naturale», su cui è impostato il lessico stesso della vita cristiana, deve costituire base e fondamento del potere politico, legge che è decisamente antitetica ai fenomeni di indirizzo libertario radicale.

Dal pensiero del Papa Benedetto XVI si desume che i mali viri della politica, di qualsiasi colore, che prescindono dalla legge morale naturale, che legiferano privilegiando un pluralismo di orientamenti contrari alla moralità pubblica, che prescindono dai valori morali e dai valori dello spirito, hanno sicuramente una concezione sbagliata della natura umana.

Va detto che il concetto di legge morale naturale assume differenti tratti distintivi presso le varie scuole di pensiero filosofico, per cui sembra opportuno riportare, a grandi linee, almeno la posizione delle due principali correnti: la spiritualista e l’utilitarista.

Per la corrente spiritualista della filosofia «la legge morale è il proprio giudice interiore, è il senso del giusto e dell’ingiusto, insito nel cuore della persona. È immortale perché Dio ha impresso per sempre la sua immagine, il suo sigillo, in ogni persona».

Per la corrente utilitarista della filosofia «la legge morale non è che una forma e uno strumento di adattamento e di sopravvivenza nell’ambiente» (…) «i suoi prodotti sono veri se sono utili dal punto di vista biologico, psicologico, sociale, morale» (cfr. anche la voce: Morale e politica, Capitolo IV).

Al di là di tali identificazioni, non si può comunque ignorare il fondamentale assioma che gli esseri umani sono soggetti a tutte le miserie dell’umana natura e quindi ognuno dovrebbe sentire almeno il dovere morale di aiuto ad altri in caso di bisogno e dovrebbe avere sentimenti di benevola comprensione verso gli altri.

Tale assioma riconduce al celebre assunto terenziano: homo sum, nihil humani a me alienum puto – sono uomo, non ritengo estraneo a me nulla di ciò che è proprio dell’umanità (Terenzio, Heautontimoroumenos, V, 1, 25, 77), oggi evocato in varie accezioni, anche con valenze parzialmente diverse da quella originaria:

  • per alludere alla debolezza umana e quindi alla possibilità di mancanze o inettitudini;
  • come forma di apertura e disponibilità ad essere aperto a ogni esperienza umana;
  • come modo di dire per esprimere atteggiamenti di solidarietà umana;
  • per indicare i limiti umani: sono uomo e come tale sono soggetto a tutte le miserie dell’umana natura, quindi compatitemi se cado in errori o in difetti;
  • per chiedere genericamente comprensione, riconoscendosi umilmente esposti alle debolezze umane;
  • come forma di modestia, per offrire la personale disponibilità ad affrontare ogni esperienza di vita, pur consci dei propri limiti;
  • come attestazione che la persona umana, in quanto tale, è soggetta a tutti i doveri dell’umanità.

Sono tutte espressioni che sottintendono i doveri e i diritti dell’uomo, le sue comuni azioni e responsabilità in stretta connessione con la legge morale.

Da quanto sopra, emerge chiaramente che la legge morale si estende ai doveri e ai diritti dell’uomo, oltreché ai sistemi di vita, imponendo peculiari regole generali, complessi allestimenti istituzionali, tassativi obblighi morali, da cui non si può prescindere per garantire la civile convivenza.

In primo luogo, è richiesto l’assoggettamento alle norme giuridiche previste dall’ordinamento, approntate per regolare i comportamenti degli individui, i loro rapporti intersoggettivi (tra privati, enti, associazioni, etc.), nonché i rapporti a livello internazionale, norme che postulano obbedienza da parte di tutti. Le norme giuridiche disciplinano la condotta degli esseri umani nei rapporti reciproci, distinguendo ciò che è lecito, cioè conforme al diritto, e ciò che è illecito, cioè contrario al diritto, la cui inosservanza determina una sanzione o una conseguenza negativa. Infatti, nel caso in cui i singoli rifiutino di conformarsi, od omettano un’azione sociale resa obbligatoria da specifiche norme giuridiche cogenti, vengono indotti ad adempiere in modo coercitivo.

Occorre peraltro tenere presente che ci sono norme giuridiche contrarie alla legge morale, oltre che ingiuste e dannose, in ordine alle quali si rinvia alla voce: Morale e politica (Capitolo IV).

In secondo luogo, l’agire umano non può sfuggire alla legge morale e ad un complesso di regole morali che, nel contraddistinguere un determinato popolo, sono destinate ad arricchire le norme previste dall’ordinamento giuridico. La legge morale e le regole morali indicano la condotta più adatta da tenere per conseguire un certo scopo, disciplinano la condotta dell’individuo, in base alla distinzione tra il bene e il male, e sono depositarie di valori assoluti, tesi a promuovere il miglioramento e il perfezionamento etico. La loro osservanza si fonda su una spontanea e interiore adesione ai valori che esprimono. La trasgressione della legge morale e delle regole morali produce una sanzione prevalentemente interna, consistente nel senso di rimorso o di rincrescimento che prova l’autore della violazione ed altresì nella disapprovazione da parte dei membri di una data cerchia sociale.

In terzo luogo, l’agire umano non può sottrarsi ad una serie di regole di costume, regole di cortesia, di galateo, di etichetta, che costituiscono una sorta di sottospecie delle regole morali. Tali regole disciplinano la condotta delle persone in relazione a ciò che è ritenuto socialmente corretto nei rapporti con altre persone in base a principi di convivenza sociale. La loro trasgressione può comportare anche sanzioni esterne, che consistono nella riprovazione o nel biasimo da parte del contesto sociale.

In quarto luogo, nell’agire umano sono destinate a svolgere un ruolo importante alcune peculiari qualità umane, quali:

  • il buon senso, che è la capacità di valutare la realtà, di dire e fare cose sensate, di essere razionali e ponderati nel giudicare, mantenendo un atteggiamento calmo ed equilibrato. Nell’agire umano, il buon senso porta ad un sano giudizio pratico e quando si accompagna alla sagacia raggiunge l’apice.
  • il senso comune, che è il modo di sentire, di pensare e di giudicare, della maggior parte delle persone, non sempre coincidente con le valutazioni della scienza.
  • la stima di sé, che è la valutazione e/o il giudizio che si ha di se stessi. Avere alta o bassa stima di se stessi può influire sul modo di presentarsi agli altri, di passare dal pensiero all’azione, di reagire a successi e insuccessi. Nell’agire umano, è importante avere una giusta visione positiva di se stessi perché facilita i rapporti relazionali.
  • la memoria, che è la facoltà della mente di acquisire nozioni, informazioni ed esperienze, e di richiamarle, a breve o lungo termine, in risposta a qualche sollecitazione. Nell’agire umano è fondamentale imparare ad usare al meglio la memoria perché facilita ogni attività.
  • l’immaginazione, che è la capacità di andare oltre la materialità (Jean Paul Sartre); sono i nostri sogni, le illusioni, le fantasie, tutto ciò che riflette non quello che siamo ma quello che vorremmo essere. Nell’agire umano un po’ di immaginazione non guasta, a patto che non si mescoli con la dura realtà.

Va detto che non è sempre facile, nella complessità della vita moderna, il rispetto puntuale della legge morale, né si prospetta semplice il rispetto del quadro d’insieme delle regole morali, giuridiche, etiche e di costume, di cui si è detto più sopra.

Ma ciò non toglie che i boni viri si sentano sempre moralmente impegnati in questo senso, per il bene proprio e dell’intera società. Questo onere fa la differenza con i mali viri che disdegnano la legge morale, la sentono come qualcosa di soggettivo o di opzionale, e non esitano a porla in secondo piano presentandosi un’occasione propizia per sopraffare i più deboli e indifesi o per ricavare qualche utile.

La coscienza morale

Il pensiero filosofico e la scienza non hanno mai cessato di prodigarsi, in ogni genere di ricerche e di approfondimenti, nel tentativo di capire cosa sia esattamente la «coscienza», la sua essenza e le sue possibilità creative, le sue caratteristiche salienti, senza mai pervenire ad una esauriente definizione della stessa, anche perché, per sua natura, si sottrae in larga parte alla scienza naturale.

Le persone, a differenza degli animali, non sono caratterizzate solo dall’istinto ma anche dalla coscienza e dalla ragione e quindi hanno peculiarità, attitudini e sensibilità proprie, che costituiscono il patrimonio più prezioso che si possa immaginare.

I moralisti sostengono che la coscienza morale, intesa come consapevolezza di ciò che è bene e ciò che è male, dai singoli è sentita come un testimone verace che accompagna con discrezione e assicura di non aver commesso niente di cui ci si debba vergognare.

In virtù di dette peculiarità e sensibilità, ogni essere umano sente, o dovrebbe sentire, un senso di responsabilità, in quanto sa che deve rispondere alla propria coscienza, e altresì sente, o dovrebbe sentire, un senso di onestà innato, in quanto sa che deve ispirare il proprio comportamento alle regole morali insite nella propria coscienza.

Nella realtà interiore, la coscienza morale si connota come capacità umana di conoscere gli aspetti etici, di percepire e seguire principi morali, di distinguere il bene dal male. Sulla base di tali impulsi interiori, l’uomo formerà la propria volontà che potrà essere conforme ai dettati della propria coscienza morale o discordante con essa.

Da notare che ad intricare la realtà interiore possono concorrere convinzioni spiritualiste o utilitariste: per le prime la coscienza morale è il proprio giudice interiore, è il senso del giusto e dell’ingiusto, insito nel cuore della persona; per le seconde la coscienza morale non è che una forma e uno strumento di adattamento e di sopravvivenza nell’ambiente.

Lo spiritualista, coerentemente con i propri valori, sente l’imperativo morale di obbedienza ad istanze superiori, a dettami derivanti da codici morali di carattere generale, quindi la sua coscienza morale non potrà che formarsi sulla base di questi ultimi, inducendolo ad agire di conseguenza.

L’utilitarista, invece, non sente tale imperativo morale di obbedienza a codici morali di carattere generale, quindi la sua coscienza morale si formerà, di volta in volta, sulla base di soggettive visioni del bene e del male, con un approccio del tutto personale ai problemi etici, privo di riferimenti oggettivi, tendente ad adattarsi al contesto in cui si esprime. In breve, l’utilitarista concepisce la coscienza morale come manifestazione interiore del tutto soggettiva.

L’interiorità del primo, ovvero la coscienza morale dello spiritualista, culminerà in un incessante giudizio di se stesso, facendo provare sentimenti di appagamento interiore o di colpa, a seconda del comportamento tenuto.

L’interiorità del secondo, ovvero la coscienza morale dell’utilitarista, culminerà nella soddisfazione di una necessità contingente, di una soggettiva aspettativa o di un bisogno materiale, elementi che difficilmente danno pace interiore, serenità di cuore. Da parte dell’utilitarista, tali visioni sono finalizzate alla tanto agognata felicità, al soddisfacimento degli interessi materiali, al proprio benessere, agli effimeri piaceri della vita, costituenti la massima aspirazione. È evidente che l’utilitarista ha un modo del tutto soggettivo di intendere la coscienza morale che, in realtà, tende a soffocarla e/o ignorarla.

Come detto alla voce precedente, il fatto che i boni viri siano disposti ad ascoltare la voce della coscienza morale, mentre i mali viri siano portati a soffocarla e/o ad ignorarla, spiega il motivo per cui i comportamenti degli uni e degli altri vengano a divergere sensibilmente.

In linea teorica, al di là delle convinzioni spiritualiste o utilitariste, sulla base delle quali ognuno forma la propria volontà, resta il fatto che unico dovrebbe essere il modo di agire degli uni e degli altri.

Di seguito, si riportano alcune indicazioni di massima sui modi di agire, sui comportamenti e sui contegni che, teoricamente, tutti dovrebbero tenere:

  • agire con discernimento, avendo di mira la razionalità, evitando condotte decisioniste o irragionevoli;
  • agire con molta cautela tenendo conto del contesto in cui le azioni si sono maturate;
  • agire dopo aver analizzato se una determinata azione altrui sia stata il frutto di una scelta consapevole o, piuttosto, di una scelta obbligata;
  • agire solo dopo aver conosciuto la realtà nella sua complessità ed avendo sempre di mira l’etica, non trascurando mai il dialogo con tutte le parti in causa;
  • agire quando si ha piena coscienza morale e si percepisce il bene come vincolante, distinto dal male;
  • agire considerando il bene delle persone coinvolte;
  • agire seguendo il proprio giudizio di coscienza e non essere costretti ad agire contro tale giudizio;
  • non agire mai contro la propria coscienza quando è vera, retta e certa;
  • non agire mai in presenza di un dubbio di coscienza, sia esso teorico o pratico.

In linea pratica, è evidente che la coscienza morale ha un ruolo determinante sui modi di agire dei singoli: i boni viri agiscono in base ai dettami della coscienza morale, considerati come imperativi etici, mentre i mali viri agiscono in base ad una percezione del tutto soggettiva e non esitano a discostarsene allorquando intravedano un qualche utile o un giovamento personale.

In ordine a tali importanti tematiche, non si deve dimenticare che, in qualsiasi società civile, l’onestà intellettuale è un valore etico fondamentale, assodato che il suo contrario, la disonestà, alimenta ansia, paura, preoccupazione, timore e sfiducia, tutti fattori che tendono al declino sociale.

Origine e matrice dell’onestà intellettuale è la coscienza morale, in assenza o in difetto della quale la condotta personale ben difficilmente può ritenersi corretta e rispettosa dei valori umani e morali.

La condotta personale guidata da una retta coscienza morale non può che formare autentici boni viri, mentre se è adattata secondo gli utili o i giovamenti personali non potrà che originare mali viri, sia nella sfera privata che pubblica.

Senza alcuna pretesa di esaustività, di seguito, si traccia l’immagine di una retta coscienza morale, accennando ai modi di agire in conformità ad essa e alle forme di buona disposizione d’animo verso gli altri.

In altri termini, si tenta di abbozzare un quadro approssimativo dei valori «culturali, morali e civili», cui tutti idealmente dovrebbero attenersi:

  • rispetto della vita e della persona umana, in tutte le sue forme ed esplicazioni;
  • rispetto della dignità umana, rispetto di sé e degli altri, rispetto delle idee altrui;
  • rispetto dei valori culturali, morali e civili;
  • impegno di mantenere un comportamento secondo modelli etico-sociali di onestà, rettitudine, giustizia e moralità;
  • impegno di rispettare l’ordine costituito in tutte le sue forme ed estrinsecazioni;
  • impegno di attribuire e riconoscere ad ogni persona ciò che di diritto gli spetta o gli appartiene;
  • impegno di preservare e tutelare la famiglia naturale, con il riconoscimento del suo ruolo tradizionale sia sotto il profilo sociale che educativo;
  • impegno di chiarezza nei rapporti personali e di interazione con altri;
  • impegno a non invidiare, non odiare, non disprezzare, non deridere, non adirarsi con nessuno;
  • impegno di vita etica, sia nella sfera privata che pubblica;
  • impegno ad agire secondo coscienza morale, con onestà, correttezza e lealtà;
  • impegno ad agire con senso di responsabilità e giustizia;
  • senso di solidarietà e fratellanza tra tutti gli uomini;
  • senso di comprensione, compassione, tolleranza, cortesia;
  • senso di umiltà, che comprende modestia e dolcezza;
  • senso di moderazione, che comprende prudenza, equilibrio e pace interiore;
  • senso di altruismo, che porta ad agire a vantaggio degli altri, trascendendo noi stessi;
  • apertura verso immigrati, bambini orfani o abbandonati;
  • integrità morale, che comprende rettitudine, lealtà, sincerità;
  • trasparenza, ossia chiarezza di comportamenti e di intenti;
  • stima e fiducia reciproca, che facilita l’interazione con altri.

Si tratta di valori, qualità e doti di carattere generale, idealmente comuni sia a coloro che seguono visioni spiritualiste e/o idealistiche, come anche a coloro che seguono visioni utilitaristiche e/o laiciste.

Ancora una volta, però, a fare la differenza sono i primi, per i quali l’impegno morale verso tali valori, qualità e doti, costituisce un imperativo etico, mentre per i secondi il tutto si traduce in una visione soggettiva, che può essere influenzata da un qualche utile o da un giovamento personale.

In linea ideale, la coscienza morale, i valori culturali e civili dovrebbero costituire il comune denominatore e la base di vita di tutti e, nel contempo, i necessari presupposti per una pacifica coesistenza umana.

In linea pratica, invece, per i motivi suindicati, la coscienza morale è un vero e proprio spartiacque, che rivela una divergenza netta e sostanziale tra le visioni spiritualiste e/o idealiste, da una parte, e le visioni utilitariste e/o laiciste, dall’altra.

Se le idealità, i valori culturali, morali e civili, sopra indicati trovassero concreta applicazione nella vita quotidiana si potrebbero creare migliori condizioni di vita, si potrebbe star bene insieme agli altri e l’esistenza umana, pur nella sua precarietà, potrebbe essere più vivibile per tutti.

Stile di vita dei boni viri

Gli stili di vita di un individuo formano e costituiscono l’insieme dei tratti della personalità, dei modi comportamentali e degli aspetti distintivi, tra cui fanno spicco alcuni fattori fondamentali: valori, pensiero, atteggiamenti, interessi, opinioni, contegni, tendenze, azioni, aspirazioni. I fattori in questione sono variabili, mutevoli per quantità, intensità ed aspetto, e possono anche mutare nei singoli individui a seconda delle circostanze, delle necessità o delle esigenze soggettive.

Lo stile di vita dei boni viri non può che essere contrassegnato da giusti principi, da onestà e rettitudine morale, da rette intenzioni tese al bene e a giustizia, da una condotta conforme a virtù.

In particolare, in ogni ambito e in ogni rapporto individuale, i boni viri conservano un comportamento improntato al profondo rispetto dei principi morali, si astengono da azioni riprovevoli nei confronti del prossimo, sono scrupolosi e coscienziosi.

Sempre ed ovunque si distinguono nettamente per alcune salienti caratteristiche: bontà d’animo, di cuore e di carattere; doti e qualità morali; onestà, lealtà e correttezza; sensibilità e comprensione verso gli altri.

In virtù di tali caratteristiche, i boni viri si adoperano in tutti i modi per aiutare chi ha bisogno, in questo modo evitano anche tardivi rimorsi di coscienza per non aver fatto quanto era nelle loro possibilità.

Coloro che non provano rimorso di coscienza per le proprie colpe, mancanze od omissioni, dimostrano di non aver consapevolezza del bene e del male, da qui i segni premonitori di mali viri non di boni viri.

L’irreprensibilità, il modus vivendi, lo schema di vita e di condotta, l’educazione e i modi di fare dei boni viri sono la manifestazione visibile del loro garbo e della loro finezza di stile, sia nella sfera familiare che sociale.

In particolare, i boni viri non si sottraggono alla critica costruttiva, sia essa positiva o negativa, considerandola un’opportunità per cambiare e migliorare il proprio stile di vita, anzi hanno la serenità, la pazienza e la maturità per trarne frutto, anche nei casi in cui ferisce il proprio orgoglio.

Inoltre, fanno ogni sforzo per essere oggettivi nel modo di pensare, nell’esprimere opinioni o valutazioni, evitando che la tendenza a stigmatizzare non si estenda senza misura o non si tramuti in opposizione o rifiuto di ciò che non piace.

I boni viri partono dall’idea che la presa di posizione o la disapprovazione di qualcosa richiedono un atteggiamento onesto e leale, quindi, ogni giudizio o commento presuppone discrezione e delicatezza per evitare di offendere chicchessia.

In tema di critica, i boni viri assumono comportamenti prudenziali e confacenti alla situazione, quali:

  • accettano con maturità ogni tipo di critica e/o commento nei loro confronti o del loro modo di lavorare, valutando l’opportunità di miglioramento;
  • si informano in modo approfondito sui fatti ed evitano interpretazioni o supposizioni prive di qualsiasi fondamento o superflue;
  • cercano di conoscere gli elementi e gli aspetti delle vicende prima di decidere alcunché;
  • valutano le situazioni e cercano di acquisire gli elementi necessari per formarsi una corretta opinione;
  • prima di criticare gli altrui comportamenti, esaminano se stessi con lo stesso rigore perché magari scoprono di avere i medesimi difetti;
  • esaminano le proprie intenzioni, i propri sentimenti e stati d’animo prima di dire qualsiasi cosa.

I boni viri, mossi dal desiderio di migliorare le persone e le cose, cercano di avvicinarsi agli interessati al fine di esprimere apertamente il proprio punto di vista, evitando comunque di nascondersi dietro l’anonimato, di generare mormorii o di creare conflitti.

I primi rudimenti dei valori di base e dei principi guida dei boni viri sono generalmente acquisiti nella fanciullezza e via via sviluppati e migliorati nel corso della vita. In età matura, gli elementi distintivi della personalità (valori, doti, qualità, pensiero) formeranno e plasmeranno interessi, opinioni e comportamenti destinati ad accompagnare l’agire individuale lungo l’intera esistenza, divenendo componenti fondamentali del personale sistema di vita.

È necessario tenere presente che lo stile di vita individuale può subire l’influenza negativa di fattori umani e sociali, variabili da persona a persona, come: il grado di appagamento materiale o spirituale, il complesso di inferiorità e/o di superiorità, il senso di adeguatezza e/o inadeguatezza all’ambiente sociale, la più o meno forte stima di se stessi, la capacità di relazione con altri, etc.

Inoltre, lo stile di vita individuale può variare anche in relazione a condizioni fisiche o a situazioni soggettive di salute, come tabagismo, ipertensione, alcol, ipercolesterolemia, sovrappeso, etc., condizioni e situazioni che le singole persone sentono e vivono in modo diverso.

Non è poi da escludere che in taluni frangenti possano manifestarsi variabili mentali o comportamentali, per effetto di fenomeni o fatti particolari, del tutto personali o di natura socio-culturale, che condizionano inevitabilmente lo stile di vita in campo familiare e sociale.

I fenomeni in questione, nella misura in cui rimangono isolati, sono da considerarsi un’eccezione all’usuale stile di vita personale (eccezione che implicitamente conferma il consolidato archetipo di vita), ma se reiterati però portano a un doppio stile di vita, che è un deprecabile comportamento da mali viri, non certo da boni viri.

Pur a fronte delle variabili di cui si è detto più sopra, si cerca di tratteggiare i comportamenti e gli stili di vita che, di regola, assumono i boni viri nella quotidianità:

  • pensiero libero, autentico, onesto e chiaro;
  • criteri di vita improntati sulla legge morale e sulla coscienza morale;
  • criteri di vita improntati su principi etici e su comportamenti corretti;
  • criteri di vita improntati costantemente a fare il bene ed a giovare agli altri;
  • criteri di vita improntati al rispetto della vita e della persona umana, in tutte le sue forme ed esplicazioni;
  • programmazione dei compiti sulla base di scelte etiche;
  • vivere conformemente a valori e ideali morali, assumendo le relative responsabilità;
  • vivere nel rispetto delle leggi e dei principi di lealtà, onestà, integrità morale e buona fede;
  • vivere con la pace interiore e con serenità le cose di ogni giorno;
  • adoperarsi per cambiare le cose ingiuste o sbagliate;
  • rinunciare ad avere sempre ragione;
  • sviluppare un circolo virtuoso di reciproco rispetto e trasparenza con le istituzioni locali, sociali e politiche;
  • svolgere ogni attività secondo il rigore professionale e le regole deontologiche di riferimento;
  • svolgere i compiti in famiglia, nel lavoro e nella società, affrontando serenamente i relativi sacrifici;
  • svolgere con onestà intellettuale, spirito di servizio e attenzione i compiti e i doveri individuali;
  • svolgere la propria attività con la maggior cura possibile;
  • svolgere i propri compiti con precauzione e prudenza, nonché con sano equilibrio;
  • operare sempre con criteri di correttezza, imparzialità, lealtà e trasparenza;
  • seguire le regole generali ed i criteri di condotta voluti dalle norme;
  • astenersi da qualunque profitto disonesto, da guadagni illeciti, da interessi disonesti o indecorosi;
  • instaurare un clima positivo e trasparente nei confronti di tutti coloro con cui ci si relaziona;
  • impegnarsi a non sentire nessuno come estraneo e cercare di essere di aiuto a chi ha bisogno;
  • impegnarsi ad agire con intelligenza, coraggio e passione;
  • evitare di procurarsi raccomandazioni per conseguire vantaggi;
  • evitare di chiedere od accordare a qualcuno privilegi o vantaggi che non siano concessi normalmente anche ad altre persone;
  • evitare qualsiasi forma di ingiustizia e di vessazione;
  • evitare di dire sì solo per compiacere a qualcuno o per timore di perdere un’amicizia;
  • evitare che qualcosa o qualcuno diventi un’ossessione;
  • evitare ogni discriminazione basata sul sesso, sulla nazionalità, sulla religione, sulle opinioni personali o politiche, sull’età, sulla salute;
  • evitare di piegarsi ai ricatti;
  • cercare di concentrarsi sul senso della vita e comportarsi di conseguenza;
  • cercare di rendersi efficienti e partecipativi in ogni luogo;
  • cercare di fare le cose nel migliore dei modi e curare i particolari di ordine, puntualità, buon umore;
  • cercare di guardare e analizzare i fatti in modo imparziale e oggettivo;
  • mantenere verso tutti un clima di rispetto della stima, dell’onore e della reputazione;
  • usare un linguaggio onesto ed esplicito, dichiarando, se il caso lo richiede, il proprio pensiero etico;
  • tenere un comportamento corretto ed assumere una posizione chiara, forte e decisa, nel fare quello che è giusto;
  • sfruttare al meglio il tempo a disposizione ed essere sempre disponibili verso chi ha bisogno;
  • sforzarsi per divenire sempre più responsabili e vivere in modo ordinato;
  • organizzare il proprio tempo per mantenere un equilibrio tra il riposo e l’attività, evitando l’ozio e la pigrizia;
  • organizzare le attività di casa, i compiti e gli incarichi domestici;
  • portare a termine i propri compiti con scrupolo, curando la qualità;
  • nel tempo libero, studiare, informarsi, leggere, aiutare gli altri;
  • non lasciare incomplete le cose, a meno che non si verifichi un imprevisto o un impedimento grave;
  • rispettare i diritti umani e soddisfare le esigenze contingenti;
  • rispettare le regole del vivere civile, avendo particolare riguardo alla tutela della dignità umana;
  • rispettare gli impegni assunti, anche se richiedono un po’ di sforzo in più o di sacrificio.

Ovviamente, non è possibile tracciare un quadro esaustivo degli stili di vita, dei comportamenti e dei modelli etici che i boni viri tengono nella quotidianità, per cui quelli sopra riportati non possono che essere considerati come meri esempi.

L’hominem quaero del filosofo greco Diogene di Sinope (IV sec. a. C.) fa capire che è difficile immaginare una persona senza difetti e che tenga stili di vita tali da rasentare la perfezione. Il filosofo Diogene (che nell’apologo girava in pieno giorno con la lanterna in mano per le strade di Atene) in effetti cercava l’essenza dell’umanità, cercava di penetrare l’animo umano al fine di capire chi poteva veramente meritarsi di essere chiamato uomo.

Il proverbiale hominem quaero – cerco l’uomo di Diogene si cita per significare che si sta cercando una persona dotata di virtù dianoetiche e di elevate doti umane, in effetti difficilmente possedute, quindi si sta cercando qualcuno che non esiste.

Senza immaginare la perfezione pretesa da Diogene, in realtà si possono trovare boni viri, persone oneste che sanno resistere alle varie occasioni di corruzione, che conservano una perfetta integrità morale, che non subiscono cedimenti di sorta?

Certo che sì, anche se, nel degrado morale in cui viviamo, dobbiamo amaramente constatare che chi fa il suo dovere di uomo onesto deve spesso pagare di persona per la propria integrità morale.

In buona sostanza, pur risultando pressoché impossibile che le persone riescano ad improntare e conservare perfetti e ineccepibili stili di vita, è però fondamentale che ognuno si sforzi per divenire sempre più responsabile e per vivere in modo ordinato.

Questo e solo questo è quanto ci si attende dai boni viri, che si impegnino ad essere leali ed onesti verso gli altri; a tenere comportamenti in linea con i principi morali; al rispetto delle regole e della dignità umana; ad avere sempre buona disposizione d’animo; ad eliminare le cattive tendenze, le cattive abitudini ed a tenere a freno i propri vizi (sul punto, cfr. la voce: Etica individuale e sociale, Capitolo III).

Occorre peraltro mettere in chiaro che nessuno deve sognarsi di scambiare i boni viri per semplicioni, per ingenui, privi di malizia che, nella loro disarmante sprovvedutezza, sono portati a spiattellare le cose più intime. Sono invece persone intelligenti, riservate che sanno mantenere nella sfera privata i propri sentimenti, che non rivelano i dettagli intimi della propria vita, né tantomeno le proprie qualità, doti e virtù. In pratica, sono persone che sanno essere discrete, rispettose degli altri, che evitano pettegolezzi e calunnie che, tra l’altro, potrebbero danneggiare se stessi e gli altri.

Questo non vuol dire che i boni viri non debbano essere aperti verso chi ha bisogno, tutt’altro, la loro disponibilità verso gli altri è totale e li porta ad accogliere positivamente iniziative e richieste di aiuto. Come tutti, pure loro possono avere momenti di criticità o di difficoltà, che sanno però tenere per sé, che cercano di superare con la loro forza di volontà, che cercano di non essere possibilmente di peso a nessuno.

Stile di vita dei mali viri

Come detto alla voce precedente, dal punto di vista speculativo, gli stili di vita scaturiscono dall’insieme dei tratti della personalità, dei modi comportamentali e degli aspetti distintivi, tra cui fanno spicco alcuni fattori fondamentali: valori, pensiero, atteggiamenti, interessi, opinioni, contegni, tendenze, azioni, aspirazioni. Sono tutte componenti mutevoli per quantità, intensità, aspetto e variabili anche per circostanze, necessità o esigenze soggettive.

La componente costante e immutabile nei mali viri è l’indole volta al male, il cattivo stato d’animo, il mal animo che li accompagna ovunque e in qualsiasi circostanza.

In tema di mali viri e di cattiveria umana non mancano celebri citazioni letterarie, adagi e aforismi di studiosi, pensatori e scrittori di tutti i tempi. Tra le più significative menzioni fanno spicco le seguenti:

  • la cattiveria di pochi è la disgrazia di molti (Publilio Syro);
  • i malvagi sono individui infelici, come tali non bisogna odiarli, ma compatirli. Come si prova compassione per coloro che soffrono di una malattia del corpo, così è giusto compatire i cattivi, perché patiscono una malattia dello spirito (Severino Boezio);
  • gli uomini, se qualcuno gli fa un brutto tiro, lo scrivono nel marmo; ma se qualcuno gli usa un favore, lo scrivono sulla sabbia (Tommaso Moro);
  • la tendenza al male è qualcosa che non può essere né distrutto né estirpato, in quanto è radicato nella stessa realtà dell’uomo e fa parte della sua stessa natura (Immanuel Kant);
  • il male è connaturale all’agire umano, in stretta relazione con la libertà umana ed è frutto della libera scelta dell’uomo (Friedrich Schelling);
  • non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti (Martin Luther King);
  • l’uomo deve trovare la soluzione per qualsiasi conflitto umano che porti alla vendetta, all’aggressione e alla rappresaglia; la soluzione è l’amore (Martin Luther King);
  • la cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno (Alda Merini).

Questi brevi cenni sono sufficienti per capire che l’analisi del male e le perversioni dell’animo umano hanno appassionato tanto gli scrittori dell’antichità, quanto gli scrittori moderni e contemporanei.

Lo stile di vita dei mali viri, a differenza di quello dei boni viri, non ha un comune denominatore e non è contrassegnato da valori e da principi oggettivi, ma da fattori e motivi soggettivi derivanti dalla ragione umana.

Questo spiega la diversità tra boni e mali viri, ed anche le notevoli differenze tra l’uno e l’altro dei mali viri, chi più chi meno, fino a notare casi di dissolutezza, condotte di vita moralmente riprovevoli, calpestamento della dignità umana, dell’etica e delle norme morali, impostazione dello stile di vita sulla base di inganni, soprusi e violenze.

Nei rapporti intersoggettivi, in vista di un possibile utile o di un qualche vantaggio, i mali viri divengono abili simulatori, mascherano la loro vera indole, inventano doti che non hanno, ostentano pseudo qualità morali, simulano onestà, bontà d’animo, di cuore e di carattere, mentre in realtà è tutta ipocrisia volta a sfruttare gli altri per assecondare i propri sporchi traffici.

Il carattere dei mali viri è spesso intriso di crudeltà, prevaricazione, intolleranza, arroganza, frustrazione e insoddisfazione. La loro cattiveria nasce da un sovvertimento dell’ordine naturale, oltre che da sentimenti negativi come l’egoismo, l’avidità, la solitudine, la superbia, la tristezza e la rabbia. Talvolta, la causa scatenante della cattiveria deriva dalla smania irrefrenabile di perseguire un illecito o disonesto fine personale.

In genere, i prodromi della cattiveria nei mali viri si notano già nell’infanzia e si sviluppano durante la crescita sotto l’input o lo stimolo della famiglia, dell’ambiente scolastico e, in prosieguo di tempo, della società.

I mali viri percepiscono in modo perverso o alterato la legge e la coscienza morale (cfr. le relative voci in questo stesso Capitolo), provano piacere a trattare tutti con ostilità, ad infliggere crudeltà e non hanno il benchè minimo scrupolo morale a rovinare qualcuno, talvolta per il semplice gusto di farlo, talaltra quando guadagnino in prestigio o ne derivi una qualche utilità.

Gli antropologi affermano che l’ostilità è pericolosa, sia essa fine a se stessa o diretta ad un preciso scopo, ed è generalmente indice di malanimo profondo verso qualcuno, al punto di far perdere la lucidità di mente, la consapevolezza di sé e delle cose.

Giova tenere presente che neppure gli animali sono pari agli uomini quanto a ostilità e cattiveria, loro diventano aggressivi solo per difendersi oppure quando hanno fame.

A fronte di tanta ostilità e cattiveria umana, a cui sono particolarmente inclini i mali viri, viene da chiedersi qual è il motivo della malvagità fine a se stessa? Ed ancora, cosa porta una persona a fare del male ad altri quando la sua vita non è in pericolo né lo sono i suoi interessi? Gli antropologi e gli studiosi non hanno ancora trovato adeguate risposte a questi angosciosi interrogativi.

Purtroppo sono molti i mali viri, le persone cattive, che fanno del male ad altri o non sanno trattare gli altri con il dovuto rispetto.

Oggi, i mali viri sono in costante aumento, nonostante la civiltà e il progresso, i loro abietti stili di vita risultano sempre più raffinati, l’insolenza e le cattive condotte sembrano espandersi a vista d’occhio, fenomeno a cui non rimane certo estraneo il satanico mondo della politica.

Ciò premesso, si passa ad indicare qualche riprovevole condotta che i mali viri, imperturbati, tendono ad assumere nella quotidianità:

  • si adoperano in tutti i modi per non cambiare le cose ingiuste o sbagliate;
  • tengono rapporti basati su scorrettezza, parzialità, disonestà;
  • sono proni a turpi compromessi e a ricatti;
  • per i loro loschi obiettivi ricorrono a qualsiasi forma di ingiustizia e di vessazione;
  • in vista di un losco fine sono sempre pronti a calpestare le regole e la dignità umana;
  • improntano i rapporti umani e sociali prescindendo dall’onestà intellettuale e dai principi morali;
  • seguono metodi, sistemi o condotte da doppia vita o doppia morale;
  • assumono comportamenti disonesti, di scorrettezza e di slealtà nei rapporti pubblici e privati;
  • denotano mancanza di coerenza nei comportamenti umani;
  • agiscono a dispetto delle regole e dei principi del giusto operare, della correttezza e del senso di responsabilità;
  • usano forme di prepotenza e aggressività nei rapporti con gli altri;
  • non esitano a porre in essere azioni riprovevoli, malvagità, disonestà, perfidia, iniquità;
  • non esitano a porre in essere comportamenti eticamente scorretti, a livello individuale, professionale e sociale.

La lista delle anomale condotte private e pubbliche dei mali viri è sconfinata ma per avere un’idea della perversa forma mentis e dell’abietto stile di vita sembra sufficiente quella su esposta.

I boni viri adottano un atteggiamento appropriato di fronte alle suddette riprovevoli condotte, cercano di scoprire il motivo, non si lasciano scalfire, non reagiscono all’insolenza o all’offesa, non la prendono sul personale, sia perché non è nel loro stile, sia anche perché farebbero il gioco dell’altra parte.

In breve, i boni viri cercano di dominare il proprio istinto, non perdono il controllo, mantengono intatta la loro dignità, non si abbassano a livello dei mali viri, perché non farebbero che peggiorare la situazione. La chiave di volta nei rapporti con gli altri, in caso di difficoltà o criticità, è la prudenza e la pazienza, a cui potrà far seguito una ponderata e oculata decisione.

In ultima analisi, i boni viri combattono le precitate riprovevoli condotte dei mali viri contrapponendo la bontà, il buon esempio, il buon senso e il ragionamento induttivo, espedienti questi che usati nel giusto modo sbarrano la strada agli insolenti che vogliono avere la meglio su tutti.

Qualità morali

Le qualità morali che affiorano in ogni sfera di comportamenti (a livello individuale, intellettuale o professionale) non possono che discendere da un insieme di ideali, di valori umani, di aspirazioni, di principi morali e costumi di vita.

Va subito precisato che le qualità morali sono strettamente connesse a valori e idealità proprie dei boni viri, restando escluso ogni approccio con i mali viri, avversi per indole e natura a qualsivoglia idealità e moralità.

Quindi, le riflessioni che seguono non potranno che concernere le qualità, le condizioni soggettive e i comportamenti qualificanti i boni viri, rendendoli degna di stima.

Con riguardo all’ambiente di vita e di lavoro, i boni viri si distinguono per qualità morali, per condotte scrupolose e coscienziose, si astengono da azioni riprovevoli nei confronti del prossimo ed assumono contegni di profondo rispetto dei valori ritenuti universalmente validi.

In breve, l’onestà e la rettitudine morale, quali beni inestimabili, sono sentimenti sempre vivi nelle coscienze dei boni viri e costituiscono motivo dominante del loro agire.

Nella sfera dei valori che contraddistinguono i boni viri figurano in primo luogo i valori del vivere civile: il rispetto della legge, la pace, la libertà, la giustizia, l’onestà, la coerenza, la rettitudine, l’austerità. Vediamoli partitamente, meritano tutti un breve cenno.

Rispetto della legge

I boni viri sentono il dovere di rispettare la legge morale, nell’idea «spiritualistica», e non «razionalistica», convinti che rimettere tutto alla volontà individuale vuol dire rapportare tutto all’utile individuale (amplius, cfr. la voce: Etica individuale e sociale, Capitolo III).

La pace

I boni viri non possono che volere la pace e ispirarsi costantemente a motivi di pace, alla concordia tra persone, nella vita privata e nella vita pubblica. Per estensione semantica, il concetto di pace assume anche il significato di pace interiore, ovvero di tranquillità d’animo, di assenza di turbamenti.

La libertà

I boni viri vivono in stato di autonomia, pensano e agiscono senza costrizioni di qualsiasi genere, sono persone libere per antonomasia (propriamente, si tratta di libertà morale, politica, di pensiero, metafisica, religiosa). Hanno senso di moderazione e sano equilibrio, consci che le libertà trasgressive o irresponsabili hanno effetti negativi a livello individuale e sociale.

La giustizia

I boni viri non possono che amare la giustizia, intesa in senso ampio come eguaglianza dei diritti di tutti i cittadini, equa ripartizione dei beni, abolizione di ogni forma di sfruttamento. In ambito pubblico, la giustizia deve in primo luogo essere garantita dal Legislatore, con l’emanazione di leggi salutari dirette a soddisfare il bene comune, in secondo luogo deve essere garantita dagli Organi di giustizia ed in terzo luogo dalla Pubblica Amministrazione, con l’emanazione di provvedimenti di sana ed imparziale gestione della res publica.

L’onestà

I boni viri si contraddistinguono sempre ed ovunque per onestà, integrità morale e lealtà verso se stessi e verso gli altri, qualità che postulano senso del dovere, senso di responsabilità, rispetto delle autorità, rispetto dei diritti di altri, obbedienza alle leggi, mantenimento dell’ordine naturale, comportamenti rispettosi della persona umana, oltre che maturi e intelligenti. In rapporto alla condizione soggettiva, all’ambiente di vita e alla propria professione, si dice onesta una persona il cui comportamento è di profondo rispetto dei principi morali ritenuti universalmente validi, una persona che si astiene da azioni riprovevoli nei confronti del prossimo, una persona che, nel suo lavoro, è scrupolosa, coscienziosa. Rientra nell’ampio concetto di onestà e rettitudine morale anche lo stesso modo di comportarsi nel compiere un qualche atto, nel trattare, nel conversare, etc. In breve, i boni viri sono persone che conducono una vita integerrima, una vita di assoluta onestà e rettitudine morale.

La coerenza

I boni viri sono persone di carattere, che hanno un unico modo di sentire e di vivere la morale, che si esprimono secondo l’interiorità della propria coscienza, dando prova di coerenza di condotta, senza cedimenti di sorta. La coerenza è anche un importante principio etico-comportamentale, è una peculiare qualità delle persone sagge ed oneste, coerenti nel pensiero, coerenti tra quello che dicono e quello che fanno, coerenti nel proprio modo di essere, nei rapporti con gli altri, in famiglia, con gli amici, con le istituzioni.

La rettitudine

I boni viri sono persone dotate di grande rettitudine morale, si ispirano a fini di giustizia, agiscono con probità e lealtà, tengono comportamenti di profondo rispetto dei principi morali. La rettitudine morale è una qualità sempre viva nella coscienza dei boni viri e costituisce un motivo dominante in ogni loro agire. In linea generale, è la condizione morale di chi non conosce cedimenti di sorta, di chi non pone in atto compromessi che corrompano la propria coscienza.

L’austerità

Tra le varie qualità che contraddistinguono i boni viri figura anche l’austerità, che presume frugalità di vita e di costumi. Nell’attuale mondo del consumismo predomina il voluttuario e il superfluo, talché i prodotti vengono spesso acquisiti soltanto per il loro significato simbolico. La parola «austerità» diviene così antitetica al concetto di necessità e bisogni essenziali, intesi come mancanza di cose fondamentali per la vita. Se vogliamo essere sinceri con noi stessi, sono davvero poche le cose che potremmo ritenere indispensabili o comunque di essenziale necessità.

A riguardo dell’austerità, San Francesco d’Assisi (1181-1226) ci ha lasciato un grande insegnamento: «ho bisogno di poche cose e delle poche cose di cui ho bisogno ne ho poco bisogno».

Per appurare se un oggetto desiderato corrisponde ad effettivi bisogni essenziali, i boni viri si pongono qualche doverosa domanda. La cosa agognata è veramente:

  • necessaria o, in realtà, posso farne anche a meno?
  • imprescindibile o, in realtà, è un’esigenza imposta?
  • indispensabile o, in realtà, è un lusso inutile?
  • essenziale o, in realtà, è inutile o superflua?

Solo rispondendo sinceramente a queste domande le persone potranno decidere con cognizione di causa l’acquisto della cosa agognata e potranno cogliere i reali inconvenienti cui vanno incontro senza quel tal prodotto.

Non porsi simili interrogativi, con schiettezza, ad ogni tentazione di acquisto si finisce per confermare che l’acquisto assume significato simbolico e si potrebbe facilmente cadere nell’errore di ingannare se stessi.

Ciò non significa ovviamente rinunciare a tutto o farsi mancare il necessario ma significa dotarsi delle cose che servono veramente, escludendo quelle inutili o superflue. Tra l’altro, chi rinuncia a tutto o si fa mancare il necessario potrebbe finire col sembrare una persona sciatta, senza cura di se stessa, con possibili negative ricadute su chi lo circonda in famiglia o nella società.

Ciò premesso, a riguardo delle qualità morali dei boni viri, dei modi d’essere, del modo di vivere individuale e nella società, si riporta qualche indicazione di larga massima:

  • avvertono una naturale inclinazione ad amare, più che ad essere amati;
  • sentono una naturale disposizione verso la moralità, l’etica privata e pubblica;
  • cercano di vivere in pace e sereni con se stessi e di stabilire rapporti autentici e duraturi con gli altri;
  • nutrono sentimenti di rispetto per tutti, anche se hanno opinioni e convinzioni diverse dalle proprie;
  • offrono aiuto e prestano soccorso ai bisognosi o a persone in difficoltà;
  • coltivano le amicizie che, se sincere, costituiscono una risorsa, coinvolgendo sentimenti di affetto, di solidarietà e di stima tra persone;
  • evitano l’invidia, vizio che fa provare astiosa e maligna disposizione d’animo verso chi possiede qualità, beni o situazioni migliori delle proprie e che fa star male con se stessi;
  • creano autentici rapporti umani, improntati sulla verità e sul rispetto reciproco;
  • assumono atteggiamenti morali fondati sulla determinazione di non mentire, sull’autenticità dei sentimenti e sulla sincerità;
  • hanno il coraggio di essere anticonformisti e di andare controcorrente, specie quando siano in gioco valori morali o questioni di ordine etico;
  • dimostrano onestà, schiettezza, spontaneità e lealtà in ogni occasione;
  • in posizione di responsabilità dimostrano doti di umanità, onestà e correttezza, oltre che rispetto dei valori morali;
  • evitano rivalità o competizioni in famiglia, o tra fratelli, tanto dannose quanto controproducenti per tutti;
  • osservano moderazione in tutte le cose e non indulgono alla gola;
  • evitano gli sprechi, cercano di accrescere il risparmio e di contenere i consumi superflui;
  • eseguono lavori materiali o praticano attività fisica o sportiva quando è possibile;
  • coltivano hobby o seguono un’attrattiva, nel tempo libero dal lavoro, per svago o passatempo;
  • hanno il senso dell’umorismo, ovvero una disposizione d’animo portata a cogliere gli aspetti divertenti o grotteschi della realtà;
  • diffidano degli elogi e dei complimenti quando sono eccessivi, fuori luogo o non dovuti.

I boni viri, più di ogni altro, sanno bene che per vivere in modo autentico, per stare bene con se stessi e per migliorare i rapporti con gli altri, devono aprire i propri orizzonti, vedere la realtà per quello che è e non con i paraocchi.

Inoltre, i boni viri si pongono come esempio di abnegazione, consci che solo in questo modo si potrà sperare in un sussulto delle coscienze individuali e in un sollecito ritorno all’autenticità, alla moralità, all’onestà, al senso civico e alla correttezza.

Idealità e valori

In tema, il noto psicoterapeuta Wayne Dyer (nt. nel 1940 a Detroit), autore di molte importanti opere scientifiche, invita ad una crescita dell’idealità e della spiritualità, ad elevare la morale individuale e sociale, in quanto gli ampliamenti e consolidamenti della propria interiorità non potranno che portare benefici miglioramenti nella vita di tutti i giorni.

Ed infatti, l’idea di mente aperta, sempre illuminata dalla verità, dal bene e dalla bellezza è il valore più elevato, il massimo delle idealità cui si possa aspirare e desiderare, è quanto di meglio si possa avere nella vita.

Nel senso comune, l’aggettivo «ideale» indica ciò che appartiene o è proprio di un’idea, che risponde ad un modello di perfezione, che costituisce una raffigurazione mentale, che non ha esistenza se non nella mente, mentre il termine «idealità» indica ciò che eleva idealmente o spiritualmente al di sopra della realtà contingente, ciò che si assume come scopo e guida della propria vita.

Il tema delle idealità e dei valori, come quello delle qualità morali, rimane circoscritto ai boni viri, non potendosi accordare o conciliare con la personalità dei mali viri, avversi per indole e natura all’idealità nell’accezione testé indicata.

Quindi, le riflessioni che seguono non potranno che concernere le idealità e i valori qualificanti la vita dei boni viri, rendendoli degna di stima.

Per valori si intende, in senso lato, l’insieme delle doti morali e intellettuali, delle qualità positive che caratterizzano l’essere umano, distinguendolo dall’animale. I valori formano il mondo interiore dei boni viri e li guidano nel corretto impiego delle capacità mentali, intellettive e spirituali.

Tra i più grandi valori umani figurano: il valore della vita umana, il valore del bene, il valore della morale, il valore delle leggi naturali, il valore della democrazia, il valore democratico, il valore della giustizia, etc.

Ci sono valori umani comuni a tutti, per chi li vuole apprezzare, quali: umanità, affettuosità, tenerezza, amore, affabilità, calore umano, benevolenza, buona disposizione d’animo verso il prossimo, dolcezza, amicizia, lealtà, cortesia, solidarietà. A questi valori umani, fanno da corollario alcune qualità individuali, come: l’onestà, la sincerità, la fiducia in se stessi, la perseveranza, il senso di sacrificio, lo spirito di servizio, l’altruismo. Tutta questa serie di valori e qualità individuali sono in natura, in quantità illimitata, non si comprano e non si vendono, sono accessibili a tutti ma non tutti li conoscono o li considerano.

I boni viri esprimono sempre ed ovunque il massimo di se stessi, delle proprie idealità, dei propri valori e delle proprie doti, in ogni ambito della vita (in casa, con gli amici o in società), ove sono arbitri e giudici assoluti del proprio agire e modo di essere, sia nelle scelte che nel cammino che intendono percorrere. Inoltre, il massimo di se stessi lo esprimono indubbiamente nelle inclinazioni e attitudini, così come nei bisogni spirituali e in tutte le potenzialità e risorse della propria personalità.

Le idealità e i valori primari dei boni viri non vengono mai meno, neppure quando debbano adattarsi alle regole e alle esigenze della vita sociale o quando avessero a subire condizionamenti nell’interazione con altri.

Essere se stessi, nella vita, nel lavoro, nei comportamenti, nei principi, nelle convinzioni personali, significa rimuovere la separazione tra ciò in cui si crede e ciò che si mostra all’esterno, in una parola significa vivere una vita autentica.

Inoltre, essere se stessi per i boni viri è assolutamente inconciliabile con qualsiasi forma di arroganza o sfrontatezza e, nel contempo, costituisce occasione propizia per contegni conformi alla natura umana, alla convivenza civile, alle regole della buona educazione e al massimo rispetto degli altri.

Insomma, i boni viri, fermi nelle idealità e nei valori che li contraddistinguono, lontani dai contegni di arroganza e sfrontatezza e, più in generale, dai contegni non conformi alla natura umana, sono esempio di virtù civili e morali. In sunto, forti dell’alto insegnamento «si veste di arroganza chi non ha altro con cui coprirsi», i boni viri si astengono da condotte contrarie alle loro idealità o ai loro valori.

I boni viri si distinguono anche per altre buone qualità: approfondiscono la conoscenza dei valori culturali, morali, spirituali e civili; si impegnano a conoscere se stessi e i propri limiti; amano e si realizzano nel proprio lavoro; si sentono liberi, nel senso che hanno la capacità di pensare e operare secondo coscienza, soggetta ad un Ordine superiore.

Se vogliamo poi riferirci alle prerogative dell’essere umano e al peculiare dono della sensibilità umana, i boni viri non possono che trovarsi in perfetta sintonia con lo splendido aforisma della neurologa, premio Nobel per la medicina, Rita Levi Montalcini (1909-2012):

«rare sono le persone che usano la mente, poche quelle che usano il cuore, uniche quelle che usano entrambi».

Il dono della sensibilità umana, correlato al binomio ragione e cuore, qualità proprie dei boni viri, è il motivo di fondo dello splendido aforisma attribuito al filosofo e teologo francese Blaise Pascal (1623-1662): «il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce».

Altri principi etici fondamentali che caratterizzano in particolare i boni viri nell’interazione con altri sono: l’onestà, l’imparzialità, la diligenza, la trasparenza, la riservatezza.

A riguardo delle idealità, dei valori e dei modi d’essere dei boni viri, nonché dei loro principi etici e del loro modo di vivere nella società, si riportano spunti e indicazioni di larga massima, nonché modi comportamentali che li contraddistinguono in ogni luogo e in ogni circostanza:

  • fanno il bene ed evitano il male;
  • tengono un sano distacco dalla bolgia politica (pur rimanendone coinvolti) e non usano termini degradanti verso gli oppositori ideologici;
  • seguono la voce della coscienza morale, intesa come consapevolezza di se stesso e delle proprie azioni, come consapevolezza del bene e del male;
  • mirano ad una concezione di vita libera da ogni pregiudizio, sostenuta da una rigorosa disciplina morale;
  • hanno sempre come guida la verità e i valori fondamentali del vivere civile;
  • improntano il proprio agire sulla chiarezza, sul dovere morale di sincerità, anche se costa sacrificio;
  • improntano il proprio modo di essere sulla bontà e sulla dolcezza, con le quali si può conquistare il mondo;
  • sono sempre aperti verso gli altri e cercano di vivere in concordia con tutti;
  • sono profondamente onesti con se stessi e riconoscono i propri limiti, le proprie capacità e le proprie deficienze caratteriali;
  • sono sempre aperti alla meditazione interiore e ad un attento esame personale;
  • improntano rapporti umani e sociali che non prescindano dall’onestà concettuale, comportamentale e dai principi morali;
  • agiscono sempre con onestà, anche se richiede di pagare un prezzo;
  • agiscono in piena libertà, con la maturazione del convincimento in base alla morale della propria coscienza, piuttosto che in base a ideologie politiche o a credenze della società;
  • distinguono il vero dal falso e si propongono di agire secondo buonsenso;
  • fanno in modo che le proprie pecche ed errori del passato siano di insegnamento per migliorare le condotte nel futuro;
  • mantengono intatta la propria unicità, anche quando comporta qualche rinuncia;
  • cercano di vivere secondo le proprie qualità migliori e secondo l’immagine che ognuno desidera avere di se stesso;
  • cercano di orientarsi sempre verso atteggiamenti positivi;
  • tendono solo a fonti di «denaro pulito», guadagnato lavorando onestamente;
  • considerano il denaro un mezzo non un fine di vita;
  • affrontano senza cedimenti e con forza d’animo le situazioni difficili;
  • evitano di fare scelte impegnative quando si trovano in un momento di stato d’animo negativo;
  • prima di prendere una decisione importante ponderano bene e lasciano passare almeno un giorno;
  • danno libera espressione alla propria individualità, creando il proprio stile di vita, secondo le proprie inclinazioni e attitudini;
  • non seguono metodi, sistemi o condotte da doppia vita o doppia morale;
  • non si lasciano influenzare dalla massa e non cercano di essere diversi solo per piacere agli altri;
  • non si lasciano suggestionare dalle opinioni altrui che, tra l’altro, sono estremamente mutevoli;
  • non cercano di compiacere la gente ad ogni costo, perché sanno che si complicherebbero la vita e finirebbero per essere perennemente insoddisfatti;
  • nelle scelte e nei contegni non si lasciano mai condizionare dagli altri;
  • non si comparano con altri perché i confronti sono inutili e dannosi;
  • contano sui propri punti di forza, cercando di rivalutarli e sfruttarli al meglio;
  • hanno consapevolezza del proprio ruolo ed agiscono sempre con senso del dovere;
  • hanno l’umiltà di riconoscere e di accettare i propri limiti;
  • hanno ben ferma l’idea che per costruire il futuro non si può prescindere da una consapevolezza critica del passato;
  • sanno apprezzare e fare tesoro dell’esperienza degli anziani;
  • sanno stare al mondo, nel senso di assumere comportamenti adeguati, specialmente nei rapporti sociali;
  • sanno mettersi alla prova, pur con il rischio di commettere sbagli, quale unico modo per conoscere i propri limiti;
  • sanno rapportarsi e trattare con le persone e sanno accettare con coraggio una dura prova, un disagio o una sconfitta;
  • sanno orientarsi verso atteggiamenti positivi e cercano di essere sempre in armonia con se stessi;
  • sanno sopprimere il vizio dell’invidia, che fa provare astiosa e maligna disposizione d’animo verso chi possiede qualità, beni o situazioni migliori delle proprie;
  • non smettono mai di migliorare la propria conoscenza e il proprio modo di essere;
  • evitano di criticare gli altri, vizio premonitore di cattivi sentimenti;
  • le critiche costruttive provenienti da una persona per la quale nutrono ammirazione, se fondate, le accettano perché aiutano a crescere e a migliorare;
  • le critiche provenienti da persona che non stimano, o che non ha niente da insegnare, preferiscono dimenticarle;
  • le critiche costruttive provenienti dalla propria famiglia, da propri amici, da propri superiori, le accettano perché in genere sono tutte persone che parlano solo per il proprio bene;
  • in situazioni di impaccio, assumono un atteggiamento di compiaciuta ironia verso se stessi, ovvero hanno la capacità di ridere della propria persona e del proprio comportamento;
  • non esitano a rivolgersi e invocare l’aiuto di Chi sta in alto, in ogni occasione, specie nei momenti di bisogno.

I boni viri impostano la loro vita sulla base dei modi d’essere suindicati, in aderenza alle loro idealità, ai valori e ai loro principi etici, considerandoli il modo ideale di stare nella società.

Tra l’altro, le idealità e i valori in questione aiutano a essere se stessi, a vivere realisticamente e serenamente, a stare meglio con se stessi, a stabilire un rapporto appagante con la propria interiorità, a godere di una buona salute emotiva e perciò a sentirsi completi.

È risaputo, di contro, che più si nutrono forti e radicati interessi edonistici e materialistici, più si allentano le idealità e la spiritualità, più si coltivano e perseguono grandi aspirazioni al guadagno più ci si discosta dai valori umani ed etici.

La lodevole disposizione dei boni viri a fare il bene, di astenersi dal fare il male e di giovare possibilmente agli altri, tanto nella vita privata quanto in quella pubblica, unitamente alle virtù personali e civili, rende migliore la società e giova a creare le condizioni per star bene insieme agli altri, così l’esistenza umana, pur nella precarietà, diviene più vivibile per tutti.

Tra le qualità e le doti che contraddistinguono i boni viri e che ne costituiscono il pregio, fanno spicco in particolare: le virtù morali e naturali, che orientano la volontà al bene; le virtù personali della discrezione, della franchezza, della gentilezza, della pazienza, della modestia.

Nei rapporti umani e sociali, sono poi importanti altre qualità personali, che si concretano nella disponibilità dei boni viri a dimostrare la propria vicinanza ad altri nei vari frangenti della vita, quali ad es.:

  • cercare di essere se stessi, di dominare i propri istinti e di mettere un freno alla propria lingua;
  • aiutare materialmente o moralmente qualcuno a superare qualche difficoltà;
  • valorizzare ciò che si ha e donare ciò che si ha in più a chi ne ha bisogno;
  • accettare di essere corretto e correggere con amore, sapendo anche perdonare;
  • salutare con gioia le persone che si incontrano quotidianamente; saper sorridere favorisce le relazioni sociali;
  • fare in modo che le critiche e le battute scherzose tra amici siano generalizzate, per far capire che non sono un piano premeditato per attaccare qualcuno in particolare;
  • in tono spiritoso, saper colpire i difetti che non dispiace avere e quelli compensati di virtù maggiori;
  • ringraziare, anche se non si è tenuti a farlo, come segno di gratitudine verso altri;
  • esprimere il proprio compiacimento per le qualità o i successi altrui;
  • rasserenare o sollevare il morale di qualcuno, a cui si sa che le cose non gli vanno bene;
  • ascoltare con umanità chi ci confida la propria storia, le sofferenze o le preoccupazioni;
  • manifestare la propria buona disposizione d’animo verso le persone;
  • avere piccole accortezze nei confronti di chi ci sta accanto.

A margine dei suddetti consigli e suggerimenti, si ricorda che, secondo l’alto insegnamento ovidiano video meliora proboque, deteriora sequor – vedo le cose migliori e le approvo, ma seguo le peggiori (Ovidio, Metamorfosi, VII, 20), a nulla serve volere, desiderare e cercare il bene se manca la capacità o la forza di attuarlo.

Ai nostri giorni, emergono carenze di vario ordine nella società, comportamenti disonesti, di scorrettezza e di slealtà nei rapporti pubblici e privati, che fanno pensare alla netta preminenza di mali viri, non di boni viri.

Si tratta di forme di degrado morale e civile che denotano la venuta meno delle idealità, nonché dei valori culturali, morali, spirituali e civili, oltre che scarsa sensibilità ai principi etici e umanistici, scarso senso di solidarietà e scarso senso di responsabilità civica, etc.

Tra i principali inquietanti fenomeni sociali determinati per lo più dalla venuta meno delle idealità, da bassi livelli culturali e da carenze valoriali, sia in ambito pubblico che privato, fanno spicco i seguenti:

  • idea falsata della vita e del senso della vita;
  • idea falsata di democrazia e di giustizia sociale;
  • idea falsata di idealità, di valori umani e sociali;
  • idea falsata di libertà (di coscienza, d’opinione, di parola, etc.);
  • idea falsata di pari dignità uomo – donna;
  • idea falsata di «famiglia naturale»;
  • moralità e spiritualità ridotte ai minimi termini;
  • mancanza di etica e rettitudine o ridotte al lumicino;
  • mancanza di coerenza nei comportamenti umani.

Tale inquietante quadro d’insieme fa pensare che siamo governati da mali viri, non certo da boni viri, che hanno causato una degenerazione della democrazia, che seguono bieche demagogie politiche allo scopo di conservare il potere. Per effetto di ciò, la situazione sembra talmente degenerata da escludere un qualche genere di miglioramento nel prossimo futuro.

È triste dover constatare che i mali viri della politica non danno alcun segno di ravvedimento, né fanno ben sperare in qualsivoglia iniziativa per fronteggiare l’attuale sfacelo politico e morale.

È altresì triste dover constatare che il nostro disorganico e ambiguo sistema elettorale risulta creato ad arte per non dare modo ai boni viri di eleggere propri rappresentanti in seno al Parlamento, non solo per la venuta meno del voto di preferenza, che risulta praticamente vanificato, ma anche perché si è dato luogo ad un vero e proprio monopolio politico che condiziona e limita lo sviluppo della democrazia.

Il presente degrado politico, morale e civile, non può che svilire le idealità e i valori, recare nocumento alla vita individuale, sociale ed economica, ai rapporti personali e di interazione con altri, oltre a creare una situazione d’insieme che annichilisce la personalità dei singoli, privandoli di ogni possibilità di reazione, costringendoli al silenzio e all’immobilità.

Rapporti con gli altri

In campo letterario non mancano significative citazioni in tema rapporti con gli altri, tra cui fa spicco l’adagio dello storico latino Lampridio Elio (vissuto nel IV sec. d. C.): quod tibi fieri nolueris, alteri ne feceris – non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso (Alexandri Severi vita, 51), che riproduce una norma etica e di comportamento del mondo greco.

L’adagio di Lampridio si integra con uno publiliano di tipo ammonitorio: ab alio expectes, alteri quod feceris – aspettati dagli altri ciò che tu hai fatto a loro (Publilio Syro, A 2).

Il motivo è presente in vari classici latini (Seneca, Epistulae, 94, 43, Lattanzio, Divinae Institutiones, 1, 16, 10) ed è attestato anche nell’Antico Testamento, oltre a costituire un importante precetto evangelico (Luca, 6, 31 e Matteo, 7, 12), riportato sia in forma negativa che positiva:

  • in forma negativa prescrive di non fare agli altri ciò che non si vorrebbe ricevere;
  • in forma positiva prescrive di fare agli altri ciò che si vorrebbe ricevere.

Per stabilire buone relazioni interpersonali occorre avere comprensione degli altri, dimostrarsi attenti ai sentimenti degli altri ed avere sensibilità sociali. Ai fini in questione, l’ideale è trovare persone alla pari, vale a dire con gli stessi ideali e valori, oppure persone interessate ai nostri interessi, anche se ciò è più facile a dirsi che a farsi.

Si deve anche tenere presente che non tutte le persone con cui ci relazioniamo o veniamo a contatto sono benintenzionate nei nostri confronti, malintenzionati per antonomasia sono i mali viri.

Allo scopo di migliorare la convivenza civile, ognuno dovrebbe virtuosamente impegnarsi ad essere leale ed onesto verso gli altri e, nel contempo, dovrebbe avere buona disposizione d’animo e sopportare eventuali errori, difetti o bizzarrie degli altri. Del resto, un rigido e inflessibile temperamento o comportamento individuale mal si coniuga con le buone relazioni sociali e con l’eticità.

La convivenza civile e le buone relazioni sociali richiedono pieno rispetto degli altri ed inoltre richiedono un fermo impegno a tenere comportamenti in linea con i principi morali di assoluta onestà, improntati a rettitudine.

Per stabilire buoni rapporti di convivenza civile, è poi importante che ognuno si impegni ad eliminare le cattive tendenze, le cattive abitudini, le scorrettezze di qualsivoglia natura ed a tenere a freno anche i propri vizi.

Le buone interazioni sociali sono poi inconciliabili con gli atteggiamenti di superbia, vizio che denota una distorta conoscenza di sé e che finisce per sminuire la dignità altrui.

San Tommaso d’Aquino (filosofo e teologo Domenicano, 1225 – 1274) distingue due tipi di superbi: il primo è quello che si gloria delle sue qualità e il secondo è quello che si attribuisce cose che in realtà lo trascendono.

In genere, il superbo è anche arrogante, si dimostra sempre sicuro di sé, non favorisce la libertà altrui, ha lo sguardo altezzoso, cerca sempre di imporre la propria opinione, tende a vedere gli altri come subordinati e a disprezzarli, non riconosce mai di avere torto o di aver sbagliato, è convinto che la sua conoscenza ed esperienza non abbia pari e sia comunque superiore a quella di altri.

Se poi il superbo ha una posizione di superiorità su altri è incline a commettere ingiustizie nei confronti degli inferiori e ben lungi dal porvi rimedio o chiedere perdono; inoltre, tende facilmente ad arrabbiarsi, anche per cose di poco conto, quando qualcosa contraria la sua volontà.

In breve, le buone relazioni interpersonali sono incompatibili con la superbia e favoriscono invece i rapporti di amicizia, in ordine ai quali non può mancare il richiamo al De amicitia di Cicerone (106-43 a.C.), che evidenzia due forme di amicizia: la prima è quella buona, in quanto basata sulla virtus, ovvero su una disposizione d’animo sentimentale e sincera, mentre la seconda è quella cattiva, in quanto basata sull’utilitas, ovvero sui vantaggi personali.

La vera amicizia è intesa come reciproco affetto tra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti, valori, stima, simpatia, interessi, opinioni, idee politiche, motivi spirituali od altro. L’amicizia è oltremodo importante sia perché contribuisce ad allargare il proprio orizzonte, sia anche perché contribuisce al miglioramento della società e, perciò, è stata definita un valore universale.

È appena il caso di ricordare che un ideale rapporto di amicizia presuppone conoscenza vicendevole, affetto disinteressato, apprezzamento reciproco e comune visione sul senso della vita.

Tra le proprietà e prerogative proprie dell’amicizia autentica, intesa come condivisione non come complicità, figura in genere:

  • l’aiuto reciproco e disinteressato, senza aspettarsi niente in cambio;
  • piena disponibilità a sostenersi in caso di bisogno, senza mai approfittare però l’uno dell’altro;
  • piena disponibilità a perdonare eventuali mancanze, specie se involontarie;
  • fiducia e lealtà reciproca in ogni momento;
  • generosità sotto il profilo materiale e/o morale, oltre che in termini di tempo, energie e conoscenze;
  • essere persona di parola, che risponde con fedeltà agli impegni derivanti dall’amicizia;
  • essere schietti, parlare senza infingimenti e in modo chiaro;
  • uso di tatto e sensibilità nel correggere l’amico che sta sbagliando;
  • senso reciproco della gratitudine (ad es. per il tempo che ci viene dedicato, dei bei momenti passati assieme, dell’aiuto offerto, etc.).

Le proprietà e le prerogative di cui sopra contraddistinguono i boni viri, che si impegnano per il bene altrui ad amare il prossimo, ad essere leali e onesti, a mantenere la parola data, ma non certo i mali viri, che si orientano verso il male, sono inclini al lassismo, scelgono la dissolutezza e l’egoismo, antepongono la crudeltà e l’odio, prediligono la disonestà e la slealtà, non mantengono la parola data, etc.

I rapporti verso gli altri concepiti dai mali viri non possono che basarsi su vantaggi personali, scorrettezza, parzialità, disonestà, azioni riprovevoli, malvagità, perfidia, iniquità, fattori che sono l’esatto contrario dell’amicizia vera e autentica.

Matrimonio e unione civile

In via preliminare, occorre tenere presente l’incontestabile dato fisico oggettivo che l’uomo e la donna, pur avendo natura umana e pur avendo una struttura corporea simile, non sono uguali.

Infatti, a dispetto della teoria gender, l’uomo e la donna: hanno diversa natura e sessualità; non possono decidere a priori la sessualità; il corpo della donna e dell’uomo sono creati per funzioni diverse; i cervelli sono fisicamente e psicologicamente diversi; il corpo dell’uomo è più forte di quello della donna; le donne sono delicate e dolci gli uomini sono più rudi; il modo di ragionare e di comunicare sono diversi, etc.

E però, pur a fronte di dette differenti identità, la pienezza dell’essere umano non la realizza la donna da sola o l’uomo da solo, ma l’unione dei due.

Gli antropologi concordano sul fatto che l’uomo e la donna sono esseri umani complementari e che, per natura, sono destinati a integrarsi e completarsi l’un l’altro. In estrema sintesi, per legge naturale, perché esista il genere umano c’è bisogno di entrambi.

Sulla base di tali inconfutabili elementi naturali, fin dalla notte dei tempi si sono formate arcaiche figure di matrimonio tra un uomo e una donna, quale atto finalizzato a creare una famiglia.

L’art. 16, primo comma, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948 (Legge 4 agosto 1955 n. 848) stabilisce: «uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento».

L’art. 29 della Costituzione «riconosce» la famiglia, «come società naturale fondata sul matrimonio», ovvero prende atto che la famiglia esiste da prima della Carta, come cellula primaria della società. Il verbo «riconosce» è un imperativo categorico che ingiunge di «prendere atto» di un dato oggettivo di natura prepolitica e pregiuridica, in quanto tale sottratto alla disponibilità del Legislatore.

In pratica, il dettato costituzionale puntualizza che si tratta di una realtà che precede e preesiste e quindi che lo Stato riconosce non solo la preesistenza della famiglia e del matrimonio, ma si impegna anche a rispettarne l’autonomia e l’ordine naturale.

Le forme alternative di famiglie, quali sono quelle contemplate dalla Legge 20 maggio 2016 n. 76, che reca il titolo «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze», costituiscono una vera e propria rivoluzione antropologica, implicano profondi mutamenti sociali, culturali e di mentalità di non poco conto. Con tale legge, che si pretende di far rientrare nei dettati degli artt. 2 e 3 della Costituzione, le «unioni civili», vengono spacciate per «formazioni sociali», salvo poi accomunarle – nelle linee essenziali – all’istituto del matrimonio: contrarietà giuridica a tutto tondo.

Le «unioni civili», di cui alla Legge in questione, si distinguono dal matrimonio solo per alcune questioni: la mancanza dell’obbligo di fedeltà; l’uso del cognome dell’uomo come cognome comune; la possibilità di sciogliere l’unione in ogni momento; la necessità di fare le pubblicazioni prima di contrarre l’unione civile.

Per ogni altro aspetto, la citata Legge n. 76/2016 parifica le unioni civili al matrimonio: obbligo di coabitazione, assistenza morale e materiale; regime patrimoniale; diritto successorio; separazione; reversibilità della pensione; nullità matrimoniale.

In termini pratici, alle unioni civili si estende il principio del favor matrimonii, prevedendo: la concessione dei diritti quali l’assistenza reciproca nelle strutture pubbliche in caso di malattia; la possibilità di ereditare reciprocamente anche senza testamento e ricevere la pensione di reversibilità; la tutela in caso di separazione; il godimento di tutti i diritti e le agevolazioni previste per le coppie sposate.

In realtà, la citata Legge n. 76/2016 ha creato un modello alternativo e spurio di famiglia, in aperto contrasto con la famiglia fondata sul matrimonio, riconosciuta dalla Costituzione, ed in aperto contrasto con la tradizione culturale e giuridica millenaria.

Assodato che l’unione coniugale, nel sistema del nostro ordinamento, lungi dal limitarsi a questione privata, è un atto pubblico sotto ogni aspetto, con effetti diretti verso i coniugi, verso le istituzioni e verso i terzi, l’estensione alle «unioni civili» delle prerogative e peculiarità, proprie del matrimonio civile, operata con la citata Legge n. 76/2016, pone non pochi problemi sotto il profilo giuridico, sociale ed economico.

Innanzitutto, si ha motivo di ritenere che il riconoscimento delle «unioni civili» e la loro assimilazione sostanziale al matrimonio vada contro la lettera e lo spirito della Costituzione italiana, in particolare:

  • contro l’art. 2, in quanto le nuove configurazioni delle c.d. «unioni civili» non sono certamente riconducibili alle «formazioni sociali» previste da tale norma, né del resto sono ancorabili ad altre norme costituzionali;
  • contro l’art. 29, che tutela i diritti della famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio».

Inoltre, la legge in questione si pone in aperto contrasto con l’art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948 (Legge 4 agosto 1955 n. 848), che stabilisce: «la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato».

L’odierno relativismo culturale è arrivato al punto di non distinguere più il bene dal male, di considerare del tutto normale l’azione umana arbitraria o ingiusta, di negare la stessa evidenza della divisione tra i sessi con imposizione della dottrina gender, di svilire il matrimonio naturale e di legittimare le unioni civili omosessuali (Legge n. 76/2016).

Soffermiamoci su quest’ultimo aspetto, senza sottovalutare ogni altro parimenti importante.

Occorre mettere subito in chiaro che il matrimonio naturale che unisce tra loro un uomo e una donna, come marito e moglie, è fondato sulla realtà antropologica della complementarietà dell’uomo e della donna, salvaguarda l’esigenza umana di ogni figlio di avere un padre e una madre e assolve l’ulteriore esigenza di garantire la tutela dell’interesse del figlio.

Le unioni civili omosessuali, al contrario, sono foriere di complesse tematiche sociali e politiche, in quanto si basano unicamente su un precario e instabile rapporto di affettività, dissolvibile in ogni momento, originando questioni di vario ordine in presenza di progenie ed aprendo una serie infinita di interrogativi sociali, politici e giuridici.

Secondo gli antropologi e gli studiosi della natura umana, l’omosessualità altro non è che un disturbo psicologico della personalità o del comportamento, per cui creare un’analogia delle unioni omossessuali col matrimonio significa voler ignorare la realtà.

Inoltre, secondo detti studiosi, stabilire con legge l’analogia in questione, significa legalizzare il carattere innaturale dei comportamenti omosessuali, tagliare i legami con la natura e preparare brutte sorprese per la specie umana, foriere di tempi tempestosi e di vicende turbolente.

Lo studioso olandese Gerard van den Aardweg (autore di numerose pubblicazioni scientifiche), cattedratico di Psicologia, psicoterapeuta di fama internazionale e specializzato nella terapia dell’omosessualità, ha recentemente curato il ragguardevole saggio «La scienza dice no. L’inganno del matrimonio gay».

In tale saggio, lo studioso evidenzia che l’origine dell’omosessualità è un disturbo mentale, che prende piede soprattutto nel periodo dell’adolescenza, in cui il soggetto si forma complessi di inferiorità, di esclusione, di autocommiserazione, che finiscono con il coinvolgere la percezione della sua identità sessuale. Chiarisce poi che l’omosessualità deve ritenersi, quanto alla sua origine, una patologia di origine nevrotica, da considerarsi sempre nel novero delle malattie mentali.

Con dovizia di argomenti scientifici, l’autore indica la vera natura dell’omosessualità e smantella in toto le erronee concezioni del mondo dell’informazione che vogliono far apparire l’omosessualità come un «orientamento sessuale naturale, innato, normale».

Paolo Pasqualucci, professore emerito di Filosofia del Diritto, Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia, nella presentazione del precitato saggio scrive: «Che l’omosessualità non abbia un’origine nella natura umana, in quanto tale, ma sia il frutto di un sentire malato e/o vizioso, risulta anche da quella forma di depravazione a sfondo omosessuale nota come trasgenderismo».

Un’idea bislacca, commenta il noto saggista italiano Gianandrea de Antonellis, «purtroppo avallata da legislatori ignoranti e da gerarchie ecclesiastiche incapaci di reagire».

In tema, gli studiosi, in stragrande maggioranza (medici, biologi, antropologi e psicologi), continuano a sottolineare che «gay non si nasce» e che le tendenze omosessuali scaturiscono da fattori di vario ordine strettamente legati alla persona (ad es. da un particolare tipo di complesso d’inferiorità). Secondo il pensiero di detti studiosi, «se una persona sente un desiderio omosessuale non significa che sia stata creata omosessuale e se decide di adottare un comportamento omosessuale, è una libera scelta».

In breve, una persona per costituzione non è omosessuale, bensì eterosessuale. Questo spiega il motivo per cui una relazione omosessuale veramente durevole e fedele è estremamente rara, se mai si verifica.

I fatti dimostrano che, in realtà, lo stile di vita gay è fondamentalmente egoista, che i rapporti tra gay sono di breve durata, pieni di tensioni e infedeltà, e che, talvolta, sono anche violenti.

Secondo recenti studi scientifici, condotti in vari Paesi del Nord Europa, il tasso di suicidi che colpisce le persone che vivono una relazione di coppia di carattere omosessuale è del 300% superiore rispetto agli eterosessuali conviventi o sposati. Ciò dipenderebbe dall’elevato numero di casi di disagio psicologico tra le unioni e/o convivenze omosessuali. Inoltre, gli stessi studi scientifici comprovano che le persone omosessuali, proprio a motivo della loro vita sessuale, sono più esposte ad infezioni e, per alcune neoplasie, a tumori.

Tali dati di fatto dimostrano e confermano che l’omosessualità non è una normalità fisiologica, non è un «orientamento naturale e innato», come vorrebbero far credere i mali viri della politica e i mezzi di informazione, al contrario è una condizione che contrasta con la natura profonda della persona, con la sua reale identità.

Se così è viene spontaneo chiedersi, perché mai gli onorevoli «signori della politica» hanno voluto prepotentemente approvare la Legge 20 maggio 2016 n. 76 che legalizza le unioni gay? La risposta è semplice: perché sono disonorevoli mali viri della politica.

Ed altresì, se per l’approvazione di una legge è richiesta la maggioranza assoluta, perché non è sancito ex lege che per eleggere i «signori della politica» è richiesta la maggioranza assoluta degli elettori? La risposta è sempre la stessa: perché sono disonorevoli mali viri della politica.

Ed ancora, se il sistema consente simili disparità significa che ha natura totalitaria non democratica, ma allora che ci sta a fare l’art. 1 della Costituzione secondo cui «l’Italia è una Repubblica democratica». Su chi ricade la responsabilità di ideazione e approvazione di simili norme antidemocratiche? La risposta è ancora una volta la stessa: sui disonorevoli mali viri della politica.

Ma allora sono ancora credibili questi mali viri della politica? Su tale sostanziale quesito si attende riscontro e risoluzione da parte dei titolari della «sovranità», ovvero degli elettori, che si esprimeranno nel segreto delle urne elettorali.

A margine di tali amare riflessioni e considerazioni, preme sottolineare che i boni viri appartengono alla parte ancora sana della popolazione, conoscono solo il matrimonio naturale tra un uomo e una donna e non si lasciano influenzare dal mondo dell’omosessualità.

Peccato però che, ad ogni cadenza elettorale, i boni viri cadano nella trappola infernale tesa dai satanici disonorevoli mali viri della politica e finiscano per rinnovare loro la fiducia o, nella migliore delle ipotesi, per astenersi dal voto.